domenica 22 gennaio 2017

Riconoscere interpretare scegliere

Sono tanti i ragazzi che vengono da me e mi chiedono aiuto perché fanno fatica a capire certe cose della loro vita, tanti eventi arrivano loro un po’ addosso tutti insieme senza che abbiano punti di riferimenti precedenti da cui trarre spunto. Chiedono aiuto e tra questi alcuni che soffrono più degli altri vorrebbero che ti sostituitisi a loro soprattutto quando la scelta da fare, di per sé abbastanza intuibile, si porta dietro conseguenze non programmabili. Quando li incontro, pur essendo solidale con loro e condividendo la loro sofferenza, sono anche molto contento della fatica che stanno facendo, perché il tutto porta all’esercizio di una importante impegno cristiano, quello del discernimento, ossia saper leggere in che direzione portano i desideri del cuore. Non si tratta di dividere ma unire in armonia ciò che è diverso, è l’esercizio della libertà ed è molto bello aiutare i giovane a crescerci dentro.
Questo cammino porta a dare un senso anche ai dubbi e alle paure che sembrano permanere nonostante il cammino, non è la certezza che porta a decidere ma la responsabilità che chiede di assumersi il peso di una scelta sempre e necessariamente imperfetta. Come ci avvisa la Scrittura “se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione” (Sir 2,1).
Proprio quella voce che striscia dentro di noi e in tanti giovani, che dice “non ce la posso fare”, questa rappresenta il primo nemico da combattere, anche perché molto spesso i difetti sono il luogo del lavoro quotidiano, per questo non occorre averne paura né reprimerli, si tratta piuttosto di aiutare i ragazzi ad esserne coscienti e vedere in essi qualcosa che al momento c’è ma non per questo va bene.
Tanti adolescenti vengono da me e mi raccontano la loro vita, io mi stupisco di come Dio opera in loro e della maturità che spesso dimostrano ogni giorno, eppure quando consegno ad essi questo mio sguardo su di loro noto la fatica a entrarci in contatto, quasi come se le cose che capitano rimangano per loro mute nel loro significato profondo. Ecco allora il bel compito, a volte anche faticoso, di far parlare la loro vita. Per indicare una sorta di percorso che possa accompagnarci in questo, prendo spunto da quanto scritto in uno dei documenti per la preparazione del Sinodo dei Vescovi sui giovani[1], che offre tre passi successivi da compiere: riconoscere, interpretare, scegliere.
Il primo passaggio consiste nell’aiutare i giovani a rendersi consapevoli degli effetti che la vita di tutti i giorni provoca in loro, facilitare l’entrata in contatto con i sentimenti, i desideri, i moti del cuore che nascono attraverso quanto capita. Essi possono essere sia positivi che negativi nelle conseguenze prodotte in loro, anche contrastanti portando perciò un po’ di confusione non riuscendo a cogliere immediatamente la direzione nella quale spingono. È facile quindi incontrare ragazzi un po’ altalenanti, in balia di alti e bassi che possono portare anche a momenti di sofferenza psichica; eppure nonostante tutto, non si tratta di fuggire, ma “riconoscere” che proprio tutto questo rappresenta una grande ricchezza. Essa, senza farne luogo di giudizio su di loro, indica la ricerca in corso e la materia prima dalla quale attingere per proseguire il cammino. In questa fase la Parola ci è di aiuto con la sua capacità di sentirci solidali con i tanti personaggi e avvenimenti narrati in essa, inoltre aiuta ad allenare una capacità necessaria quanto mai difficile ai giorni nostri, quella dell’ascolto, che si situa a livello della vita e della Parola. Mi ricordo di un ragazzo venuto da me in un momento di particolare confusione, stava male, non capiva perché; mi sono fatto raccontare liberamente cosa sentiva, nel frattempo coglievo che c’era qualcosa a cui girava intorno e che non usciva, che non voleva ammettere, non voleva nominare eppure condizionava il tutto, con molta libertà pian piano ci siamo arrivati, si era lasciato con la sua ragazza ma lui ne era ancora innamorato, nonostante a voce dicesse diversamente questo sentimento lo guidava ancora, finalmente eravamo riusciti a entrarci in contatto accettandolo e riconoscendolo.
Il riconoscere e accettare quanto accade attorno e in me è l’inizio, ma da solo non basta, il rischio sarebbe di lasciare il ragazzo in balia di quello che sente, sarebbe un approccio che rimane alla superficie del cammino da compiere. Occorre aiutare a maturare un modo di fare e pensare capace di leggere dentro e oltre le cose che capitano, cercarne un filo conduttore, l’orizzonte dentro il quale si colloca quanto si sta passando. Questa opera di “interpretazione” dell’accaduto, chiede di andare oltre a quanto un giovane può sentire immediatamente, cercando di individuarne l’origine e il fine di tutte quelle cose che dentro e fuori di lui lo muovono. Tante volte con i ragazzi facciamo belle esperienze che li lasciano contenti e colpiti, però poi non li si aiuta a dirsi il perché, a interpretare il senso di benessere o malessere registrato durante quella attività. Inoltre occorre saper mostrare loro come non esista semplicemente il caso, ma un progetto nella loro vita che si va pian piano formando e che chiede di collegare le tante cose vissute e provate affinché ne esca fuori il bel disegno di Dio sulla propria vita. È questo un momento nel quale ogni giovane è chiamato non solo ad entrare in contatto con sé e con quanto prova o cerca, ma anche con la realtà e con le possibilità che essa offre e indica, a volte anche limitate e non necessariamente capaci di rispecchiare in pieno e subito quello che si cerca e si vuole; un confronto non sempre facile da accettare e che mette a contatto con quanto realisticamente le nostre possibilità ci mettono a disposizione. La Parola e l’aiuto della Chiesa con il suo insegnamento, ci vengono incontro nel confronto con la vita nuova proposta dal Vangelo e i valori morali di riferimento per una vita bella e felice, non perché questo divenga fine a se stessa cadendo nel rischio spesso corso dai Farisei di uno sterile moralismo, ma aiutando i ragazzi a mantenerle sempre in contatto con quanto vivono e ciò che è emerso nel cammino fatto fino ad ora. In questo momento diventa tanto più delicata l’opera educativa di chi sta accanto ai giovani, quanto più è necessario l’aiuto di chi più esperto nel cammino della vita e della fede deve affiancarsi a loro. Recuperando quanto raccontavo sopra del ragazzo ancora innamorato della ragazza che lo aveva lasciato, la cosa continua, infatti il riconoscere questo ci ha poi permesso di rifletterci sopra, di capire quale era l’origine della ricerca che lo lasciava inquieto e l’obiettivo che voleva raggiungere e che ora sembrava si allontanasse, siamo riusciti insieme così a ricostruire in modo più ampio la ricerca che nonostante quanto gli era capitato, continuava a maturare dentro di sé; come fosse necessario che essa entrasse in dialogo e si lasciasse guidare da un percorso sull’amore che Dio aveva bene presente e che chiedeva di vivere fino in fondo.
L’ultimo passo di questo cammino esemplificativo, si pone in continuità con il riconoscere e l’interpretare, arriva a toccare la dimensione più bella e più esposta del nostro essere persone, quello della libertà e della responsabilità che ne consegue. Lo scegliere viene così sottratto dalla tentazione di essere vissuto nella logica piccola del “sento quindi faccio” nella quale tanti dei nostri ragazzi spesso cadono, guidati anche da una società che porta a fare questo; in contemporanea fa sì che la scelta non si limiti a essere un accidente esterno messo in pratica perché altri me lo hanno detto, ma richiamando a una coerenza presente nella vita e nelle decisioni prese da portare avanti giorno dopo giorno. Ancora una volta siamo chiamati a far sì che i nostri giovani stiano con i piedi per terra, infatti il tutto non si può accontentare di una presa di posizione teorica o virtuale, per dirla con un termine oggi molto in voga, ma è chiamata a realizzarsi in un percorso dove prendo coscienza dell’ideale che mi guida e del mio stato attuale, che vedrà solo nei fatti la possibilità della verifica di quanto scelto. Tutto questo ci chiede attenzione nel camminare con i giovani, affinché riescano a vincere quel sentimento di paura che spesso li blocca nel terrore che viene dalla possibilità di sbagliare, che non è altro che la bellezza della possibilità di rischiare la propria vita nella responsabilità che ci vede persone libere di fronte alla vita e a Dio. Anche qui continua la vita del giovane di cui ho parlato sopra, un cammino tutt’ora aperto, nella ricerca di una persona che possa realizzare il progetto che vede chiaro a livello di idea, ma che chiede ora di cercare e sicuramente un domani di sceglierne una fra tutte; nel frattempo prepara questa decisione meditando il libro di Tobia, facendo servizio accanto ai bisognosi perché questo amore che ha dentro chiede di essere vissuto, e continuando a studiare per un lavoro futuro che sarà a servizio della vita bella che vuole condividere e costruire con chi ancora non sa chi sarà.





[1] Documento Preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, 13.01.2017.

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