Già varie volte mi è capitato di parlare dell’identità della
persona nella visione antropologica cristiana, essa è una realtà unica nella
quale si integrano tre dimensione da tenere presenti contemporaneamente: corpo,
spirito, anima. La prima invita a considerare tutta la dimensione fisica con i
relativi meccanismi, la seconda le istanze intellettuali e psicologiche, la
terza quella partecipazione a Dio che ci è donata e quella capacità di lui
della quale siamo rivestiti. Quando si parla del cammino di crescita della
persona, si tratta di una crescita di tutte e tre queste dinamiche; parlando di
adolescenti, tutte e quante contribuiscono all’avere sui ragazzi uno sguardo
corretto.
Mi sono perso in questa breve introduzione, perché desidero
trattare di un argomento alquanto trascurato, tanto quanto utile e
interessante, riguardo la centralità dello sviluppo cerebrale dell’adolescente al fine di comprenderne
certi meccanismi legati al suo sviluppo. Vi chiedo lo sforzo di inoltrarvi in un
argomento, che solo apparentemente, tanti potrebbero considerare di interesse
medico così la lasciarsi sfuggire le sue importanti conseguenze educative.
Non parlerò di tutto il cervello, ma mi concentrerò su una
sua parte, l’area prefrontale, in essa ci sono tre zone che ci interessano e
che influenzano: l’attenzione, il comportamento/giudizio, le risposte
emozionali.
Questa parte del cervello è preposta alle operazione
metacognitive e alla loro attuazione, cioè è la zona che da un punto di vista organico,
abilità l’individuo a riconoscere e riflettere sul proprio mondo interiore, così
da essere consapevole delle emozioni e dei pensieri per comportarsi di
conseguenza. Con un brevissimo esempio, tutto questo fa sì che quando prendo
paura mi venga da scappare.
Tutto questo è rilevante ben oltre il piano fisiologico, infatti
presenza ricadute ampie in quanto governa anche il riuscire ad avere una
adeguata autostima di sé, nell’essere guidati per riuscire a fare progetti a
lungo termine, nel dare il giusto ordine ai diversi valori che vengono via via
appresi, per riuscire a trasformali in comportamenti sociali adeguati,
riuscendo anche ad esprimersi adeguatamente. Facciamo alcuni esempi per
comprenderne la ricaduta: gli altri non mi apprezzano quindi può capitare che
come adolescente faccio fatica o a volte non riesco a fregarmene perché tanto
so che io valgo (area dell’autostima); chiediamo a un ragazzo cosa vuole fare
da grande e lui mi risponde “boh” mentre ha una voglia matta di stare nel
presente; uno mi offende e quindi io gli do un pugno e lo mando all’ospedale,
così come tutte le risposte esagerate dove i giovani non riescono a valutare
adeguatamente la gravità di quanto accaduto; quando gioco a calcio sputo per
terra e lo faccio anche quando giro per strada, mi dicono che non si fa ma non
capisco il perché; chiedo ragione a un adolescente di quanto fatto, lui prova a
spiegarmelo ma non riesce a farlo secondo i canoni che mi aspetto.
Tutto questo accade perché c’è una asincronia tra lo
sviluppo delle aree legate all’emozione e quelle legate alle funzioni esecutive,
infatti nell’adolescente il tutto si attiva solo alcuni anni dopo, con una
rilevante differenza fra femmine e maschi, per le prime il ritardo si attesta
intorno agli uno o due anni, mentre per i secondi il tempo di allunga fino a
tre o quattro anni.
Comprenderete quindi, quanto tutto questo dice del
comportamento degli adolescenti, spesso percepito da noi adulti come un po’
sfaccendato, soprattutto quando gli chiediamo un po’ sbottando “ma hai il
cervello collegato?”. La questione è proprio questa, può capitare che non abbia
ancora il collegamento, cioè uno sviluppo adeguato delle sinapsi neuronali che
gli permettano di fare quanto per noi adulti è normale, mentre per lui no.
Capita allora che a certe età si fa un po’ come si può, anche il ragazzo si
trova a non poter oggettivamente farci qualcosa, anche lui sente questa
difficoltà, che manca qualcosa; non occorre “girare il dito nella piaga”
facendoglielo ulteriormente pesare.
C’è l’impulso, ma non c’è ancora la funzione regolatoria del
comportamento seguente, così nascono i tanti problemi che spesso si affrontano
quando ci si trova a parlare dell’educazione degli adolescenti, perché comunque
qualcosa bisogna farlo; il fatto che la testa funziona così non vuol dire
arrendersi, anche perché la vita non si ferma, i ragazzi continuano a prendere
decisioni e capita che lo fanno perché sono furbi e sanno ciò che dà o meno
soddisfazione, oppure perché entra in gioco la logica premio/punizione.
Ecco allora che è compito quindi dell’adulto, con la propria
presenza, colmare quello che ancora manca nello sviluppo di una autonoma
capacità autoregolativa.
Credo che tutto questo possa essere letto alla luce del
cammino di fede facendo nostre le parole di san Paolo: quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da
bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora
vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a
faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come
anch'io sono conosciuto (1Cor 13, 11-12). Credo possa essere il cammino
faticoso e bello di tanti giovani, il passare da uno sguardo da bambino sulla
vita ad uno da adulto. Il tutto passando attraverso momenti nei quali l’esperienza
e l’idea che mi possa fare di quanto mi circonda rimane imperfetta, attraverso
situazioni di confusione. Così come la bellezza di sapermi amato e conosciuto
da qualcuno, che egli abbia un volto e un nome in Gesù, che mi possa guidare
lungo la strada per essere sempre più autenticamente me stesso.
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