martedì 26 aprile 2016

Il cervello dell’adolescente

Già varie volte mi è capitato di parlare dell’identità della persona nella visione antropologica cristiana, essa è una realtà unica nella quale si integrano tre dimensione da tenere presenti contemporaneamente: corpo, spirito, anima. La prima invita a considerare tutta la dimensione fisica con i relativi meccanismi, la seconda le istanze intellettuali e psicologiche, la terza quella partecipazione a Dio che ci è donata e quella capacità di lui della quale siamo rivestiti. Quando si parla del cammino di crescita della persona, si tratta di una crescita di tutte e tre queste dinamiche; parlando di adolescenti, tutte e quante contribuiscono all’avere sui ragazzi uno sguardo corretto.
Mi sono perso in questa breve introduzione, perché desidero trattare di un argomento alquanto trascurato, tanto quanto utile e interessante, riguardo la centralità dello sviluppo cerebrale  dell’adolescente al fine di comprenderne certi meccanismi legati al suo sviluppo. Vi chiedo lo sforzo di inoltrarvi in un argomento, che solo apparentemente, tanti potrebbero considerare di interesse medico così la lasciarsi sfuggire le sue importanti conseguenze educative.
Non parlerò di tutto il cervello, ma mi concentrerò su una sua parte, l’area prefrontale, in essa ci sono tre zone che ci interessano e che influenzano: l’attenzione, il comportamento/giudizio, le risposte emozionali.
Questa parte del cervello è preposta alle operazione metacognitive e alla loro attuazione, cioè è la zona che da un punto di vista organico, abilità l’individuo a riconoscere e riflettere sul proprio mondo interiore, così da essere consapevole delle emozioni e dei pensieri per comportarsi di conseguenza. Con un brevissimo esempio, tutto questo fa sì che quando prendo paura mi venga da scappare.
Tutto questo è rilevante ben oltre il piano fisiologico, infatti presenza ricadute ampie in quanto governa anche il riuscire ad avere una adeguata autostima di sé, nell’essere guidati per riuscire a fare progetti a lungo termine, nel dare il giusto ordine ai diversi valori che vengono via via appresi, per riuscire a trasformali in comportamenti sociali adeguati, riuscendo anche ad esprimersi adeguatamente. Facciamo alcuni esempi per comprenderne la ricaduta: gli altri non mi apprezzano quindi può capitare che come adolescente faccio fatica o a volte non riesco a fregarmene perché tanto so che io valgo (area dell’autostima); chiediamo a un ragazzo cosa vuole fare da grande e lui mi risponde “boh” mentre ha una voglia matta di stare nel presente; uno mi offende e quindi io gli do un pugno e lo mando all’ospedale, così come tutte le risposte esagerate dove i giovani non riescono a valutare adeguatamente la gravità di quanto accaduto; quando gioco a calcio sputo per terra e lo faccio anche quando giro per strada, mi dicono che non si fa ma non capisco il perché; chiedo ragione a un adolescente di quanto fatto, lui prova a spiegarmelo ma non riesce a farlo secondo i canoni che mi aspetto.
Tutto questo accade perché c’è una asincronia tra lo sviluppo delle aree legate all’emozione e quelle legate alle funzioni esecutive, infatti nell’adolescente il tutto si attiva solo alcuni anni dopo, con una rilevante differenza fra femmine e maschi, per le prime il ritardo si attesta intorno agli uno o due anni, mentre per i secondi il tempo di allunga fino a tre o quattro anni.
Comprenderete quindi, quanto tutto questo dice del comportamento degli adolescenti, spesso percepito da noi adulti come un po’ sfaccendato, soprattutto quando gli chiediamo un po’ sbottando “ma hai il cervello collegato?”. La questione è proprio questa, può capitare che non abbia ancora il collegamento, cioè uno sviluppo adeguato delle sinapsi neuronali che gli permettano di fare quanto per noi adulti è normale, mentre per lui no. Capita allora che a certe età si fa un po’ come si può, anche il ragazzo si trova a non poter oggettivamente farci qualcosa, anche lui sente questa difficoltà, che manca qualcosa; non occorre “girare il dito nella piaga” facendoglielo ulteriormente pesare.
C’è l’impulso, ma non c’è ancora la funzione regolatoria del comportamento seguente, così nascono i tanti problemi che spesso si affrontano quando ci si trova a parlare dell’educazione degli adolescenti, perché comunque qualcosa bisogna farlo; il fatto che la testa funziona così non vuol dire arrendersi, anche perché la vita non si ferma, i ragazzi continuano a prendere decisioni e capita che lo fanno perché sono furbi e sanno ciò che dà o meno soddisfazione, oppure perché entra in gioco la logica premio/punizione.
Ecco allora che è compito quindi dell’adulto, con la propria presenza, colmare quello che ancora manca nello sviluppo di una autonoma capacità autoregolativa.
Credo che tutto questo possa essere letto alla luce del cammino di fede facendo nostre le parole di san Paolo: quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto (1Cor 13, 11-12). Credo possa essere il cammino faticoso e bello di tanti giovani, il passare da uno sguardo da bambino sulla vita ad uno da adulto. Il tutto passando attraverso momenti nei quali l’esperienza e l’idea che mi possa fare di quanto mi circonda rimane imperfetta, attraverso situazioni di confusione. Così come la bellezza di sapermi amato e conosciuto da qualcuno, che egli abbia un volto e un nome in Gesù, che mi possa guidare lungo la strada per essere sempre più autenticamente me stesso.

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