martedì 8 marzo 2016

Dalla pianta di fico imparate la parabola

Mi capita spesso di parlare con persone adulte, a volte addirittura giovani stessi, che apostrofano i ragazzi di oggi come superficiali.
Nei giorni scorsi mi sono trovato insieme ad adolescenti di terza media nell’accompagnarli verso il sacramento della Cresima. Tra le tante cose abbiamo parlato anche dei doni dello Spirito e uno di essi ci può essere di aiuto. Sto parlando dell’intelletto, che trova la sua radice nel latino “intus-legere”, ossia leggere dentro o in profondità; è la capacità data all’uomo di non fermarsi alla superficie delle cose, a quanto si vede e si sperimento immediatamente.
I giovani di oggi non sono superficiali, spesso la loro età li mette nelle condizioni di non essere educati a saper andare a fondo delle cose. Compito nostro diventa allora anche essere da guida in questa dimensione cercando di mostrare loro come la vita sia una parabola che ci parla di Dio, di noi stessi e degli altri.
Questa dinamica la chiamerei la pedagogia del sacramento, non volendomi riferire all’uso tecnico che se ne fa nel cammino di vita del cristiano, ma nel constatare che Gesù lo incontriamo attraverso cose concrete che si vedono; esse stesse allo stesso tempo ci rivelano un mistero che va oltre loro e che arriva fino a Dio. Così, quanto ci capita quotidianamente, si rivela come il luogo dove troviamo tutto il necessario per poterlo incontrare. Attraverso questo cammino “intelligente”, scopriamo in esso la via per la nostra felicità, per essere realizzati come persone, per noi cristiani essere santi.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. (Mc 13,28-29)
Questi due versetti ci introducono in una logica ben più ampia presente nell’insegnamento di Gesù. Quel “fico”, sta lì nel Vangelo, per ricordarci che tutta la realtà nella quale viviamo è una parabola che ci parla del mistero di Dio e della nostra esistenza. Spesso non ce ne accorgiamo, ma l’esperienza quotidiana ci permette di vedere la Parola che ascoltiamo; ciò avviene proprio nella creazione e nella storia intorno a noi. Dio non è assente, ma presente in modo piccolo e umile nel mistero di ogni realtà lì dove spesso gli occhi e la testa da soli non bastano a coglierne a pieno il senso.
È possibile così individuare quello che può essere definito come una costante nell’agire di Dio: rendere presenti nella nostra vita segni che sono accessibili, anche se non scontati. Questo chiede di saperci aprire a una logica che non è solo la nostra, così il saper cogliere i segni è comprendere che essi ci danno la capacita di far nostro lo sguardo di Dio entrando nella sua ottica. La cosa non è semplice, capita infatti molto spesso che i segni che Dio pone si scontrino con la nostra poca attenzione.
Nasce così un compito che già il Concilio Vaticano II ci aveva affidato (cfr. GS 4), l’impegno di una vita capace di saper indagare i segni dei tempi, di cercare il significato che sta dietro a quanto accade; non solo, ma anche saper mettere il tutto in dialogo con il Vangelo e alla sua luce darne una interpretazione capace di ridare il senso vero alla vita.
Qua è segnata la via da intraprendere, con attenzione a ogni età, e credo con interesse particolare a quella giovanile, per intercettare e rispondere alle domande che numerose risuonano nella vita di ciascuno.
Nasce quindi l’impegno, di essere educatori capaci di comprendere il mondo nel quale viviamo e diventarne traghettatori a servizio dei ragazzi.
Siamo così chiamati a saper cogliere quelle tracce che indicano l’azione di Dio, lì lui lavora per condurre gli uomini al di là della storia e guidarli a sé.
In un periodo nel quale tutto quello che riguarda le giovani generazioni, è soggetto a un rapito cambiamento, forse proprio i giovani diventano uno di quei segni dei tempi che siamo chiamati a interpretare. Questa prospettiva apre sicuramente a una visione diversa da quella di chi invece vi vede un problema da risolvere. Se abbiamo la voglia di entrarci, credo che riceveremmo indietro da loro come dono, una maggiore capacità di essere sensibile al nuovo che emerge e aperti a un futuro ricco di speranza. La vita dei ragazzi diventa così per noi come un libro di testo, con la possibilità di riuscire finalmente a riconoscere gli elementi necessari a un corretto processo educativo.

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