Mi capita spesso di parlare con persone adulte, a volte
addirittura giovani stessi, che apostrofano i ragazzi di oggi come
superficiali.
Nei giorni scorsi mi sono trovato insieme ad adolescenti di
terza media nell’accompagnarli verso il sacramento della Cresima. Tra le tante
cose abbiamo parlato anche dei doni dello Spirito e uno di essi ci può essere
di aiuto. Sto parlando dell’intelletto, che trova la sua radice nel latino
“intus-legere”, ossia leggere dentro o in profondità; è la capacità data
all’uomo di non fermarsi alla superficie delle cose, a quanto si vede e si
sperimento immediatamente.
I giovani di oggi non sono superficiali, spesso la loro età
li mette nelle condizioni di non essere educati a saper andare a fondo delle
cose. Compito nostro diventa allora anche essere da guida in questa dimensione
cercando di mostrare loro come la vita sia una parabola che ci parla di Dio, di
noi stessi e degli altri.
Questa dinamica la chiamerei la pedagogia del sacramento,
non volendomi riferire all’uso tecnico che se ne fa nel cammino di vita del cristiano,
ma nel constatare che Gesù lo incontriamo attraverso cose concrete che si vedono;
esse stesse allo stesso tempo ci rivelano un mistero che va oltre loro e che
arriva fino a Dio. Così, quanto ci capita quotidianamente, si rivela come il
luogo dove troviamo tutto il necessario per poterlo incontrare. Attraverso
questo cammino “intelligente”, scopriamo in esso la via per la nostra felicità,
per essere realizzati come persone, per noi cristiani essere santi.
Dalla pianta di fico
imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le
foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete
accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. (Mc 13,28-29)
Questi due versetti ci introducono in una logica ben più
ampia presente nell’insegnamento di Gesù. Quel “fico”, sta lì nel Vangelo, per
ricordarci che tutta la realtà nella quale viviamo è una parabola che ci parla
del mistero di Dio e della nostra esistenza. Spesso non ce ne accorgiamo, ma
l’esperienza quotidiana ci permette di vedere la Parola che ascoltiamo; ciò
avviene proprio nella creazione e nella storia intorno a noi. Dio non è
assente, ma presente in modo piccolo e umile nel mistero di ogni realtà lì dove
spesso gli occhi e la testa da soli non bastano a coglierne a pieno il senso.
È possibile così individuare quello che può essere definito
come una costante nell’agire di Dio: rendere presenti nella nostra vita segni
che sono accessibili, anche se non scontati. Questo chiede di saperci aprire a
una logica che non è solo la nostra, così il saper cogliere i segni è
comprendere che essi ci danno la capacita di far nostro lo sguardo di Dio
entrando nella sua ottica. La cosa non è semplice, capita infatti molto spesso
che i segni che Dio pone si scontrino con la nostra poca attenzione.
Nasce così un compito che già il Concilio Vaticano II ci aveva
affidato (cfr. GS 4), l’impegno di una vita capace di saper indagare i segni
dei tempi, di cercare il significato che sta dietro a quanto accade; non solo,
ma anche saper mettere il tutto in dialogo con il Vangelo e alla sua luce darne
una interpretazione capace di ridare il senso vero alla vita.
Qua è segnata la via da intraprendere, con attenzione a ogni
età, e credo con interesse particolare a quella giovanile, per intercettare e
rispondere alle domande che numerose risuonano nella vita di ciascuno.
Nasce quindi l’impegno, di essere educatori capaci di
comprendere il mondo nel quale viviamo e diventarne traghettatori a servizio
dei ragazzi.
Siamo così chiamati a saper cogliere quelle tracce che
indicano l’azione di Dio, lì lui lavora per condurre gli uomini al di là della
storia e guidarli a sé.
In un periodo nel quale tutto quello che riguarda le giovani
generazioni, è soggetto a un rapito cambiamento, forse proprio i giovani
diventano uno di quei segni dei tempi che siamo chiamati a interpretare. Questa
prospettiva apre sicuramente a una visione diversa da quella di chi invece vi
vede un problema da risolvere. Se abbiamo la voglia di entrarci, credo che
riceveremmo indietro da loro come dono, una maggiore capacità di essere sensibile
al nuovo che emerge e aperti a un futuro ricco di speranza. La vita dei ragazzi
diventa così per noi come un libro di testo, con la possibilità di riuscire
finalmente a riconoscere gli elementi necessari a un corretto processo
educativo.
Nessun commento:
Posta un commento