Una cosa successa di
recente, mi è di aiuto per riprendere in mano i motivi per i quali ho iniziato
la mia ricerca e l’esistenza di questo blog. In sintesi si potrebbe indicare
come nella necessario conversione che, come mondo adulto, ci viene chiesta nel
modo di leggere la situazione giovanile e di approcciarci ad essa.
Probabilmente non scriverò niente che non abbia già pubblicato, ma è una cosa
così centrale e che continuo a trovare e vedere in giro, che non mi stancherò
mai di ripetere.
Durante un incontro nel
quale erano radunati educatori, mentre stavamo trattando del rapporto con i
ragazzi e del riprendere in mano il progetto educativo, salta fuori un foglio
con la sintesi di incontri precedenti fatti con i genitori, chiamando anche
alcuni “esperti” per farsi aiutare in questo cammino. Al documento in oggetto
era stato dato come tiolo “La situazione giovanile”, il tutto era nato dal
voler affrontare la condizione attuale del mondo dei ragazzi di oggi, spesso
vissuta dagli adulti con sofferenza.
Leggendo la sintesi, mi
venne una grande amarezza, si trattava di una sfilza di note che sottolineavano
le fatiche e gli errori commessi dai nostri ragazzi: si stancano presto di ogni
cosa, hanno personalità multipla, dipendo dal giudizio degli altri, non sanno
che cosa vogliono, non prendono posizione, usano male le nuove tecnologie, non
vedono futuro, ecc.; la cosa continuava ben oltre quanto mi sono limitato a
riportare.
Il mio sentimento non
nasceva dal fatto che le cose scritte fossero sbagliate, ma da una analisi che
era faziosamente parziale, che segue nei modi di esprimersi le mode che hanno
solitamente i mass-media di parlare di queste cose, o di chi vuole fare
spettacolo e bella figura. A mio parere il titolo del documento di cui parlo
andava corretto, il tutto non rappresentava la descrizione della realtà del
mondo giovanile, ma semplicemente del disagio che in esso si vive. Non è
possibile continuare ad analizzare la realtà degli adolescenti, attraverso
questo sguardo parziale. Dopo l’amarezza mi venne un po’ di rabbia. Se anche le
agenzie educative non aiutano, genitori ed educatori, ad entrare in uno sguardo
corretto sui ragazzi, siamo messi proprio male.
Le difficoltà ci sono,
non chiudiamo gli occhi, ma reputo inconcepibile e fuorviante un approccio
educativo che inizia da lì, dov’è tutta la descrizione dell’agio e della
speranza legata ai giovani? Mi viene in mente quando disse Giovanni Paolo II: spiritualità della comunione è pure capacità
di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e
valorizzarlo come dono di Dio: un « dono per me », oltre che per il fratello
che lo ha direttamente ricevuto (NMI 43). Il papa non era uno sprovveduto,
aveva sperimentato sulla sua pelle i totalitarismi nazionalsocialisti e
comunisti, sapeva bene quanto l’uomo è capace di fare del male, eppure ci dice
che occorre partire dal bene che c’è nell’altro, altrimenti non si va da
nessuna parte. Questo bene dei giovani lo vedo troppo de valorizzato, non
compiamo l’impegno di cercarlo fermandoci alla facilità del lamentarci, non
diamo le responsabilità alle giuste persone, cioè a noi adulti, limitandoci ad
accusare i più giovani.
Ecco perché scrivo,
perché occorre partire dal bene che c’è nei ragazzi, non funziona un approccio
da pronto soccorso, dove noi adulti siamo i medici chiamati a curare e salvare
il mondo giovanile morente, anche perché alla fine credo che sarà il contrario,
sarà compito dei giovani salvare questo mondo che stiamo noi adulti maltrattando.
Prima di
programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della
comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove
si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i
consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le
comunità
(NMI 43). Occorre una nuova presa di coscienza da parte di noi adulti, non
possiamo parlare del mondo degli adolescenti senza scendere in gioco anche noi,
rimettendoci in cammino trasformando una questione “loro” in una avventura “nostra”,
dove insieme, ragazzi e adulti, si mettono in discussione nella consapevolezza
che questo mondo è così non di certo per colpa dei ragazzi.
Sogno poi anche la
disponibilità di tutti noi educatori di celebrare la bravura e le capacità dei
giovani, affermando chiaramente che ci sono di esempio, che hanno dei doni, che
soni bravi; c’è del positivo! In questa consapevolezza, so però che sono ancora
in cammino, tante cose devono ancora maturarle. Per questo diciamo si di
esserci, per il bene loro e anche nostro.
Tutto questa non rappresenta solo un cammino pedagogico, ma
soprattutto cristiano, ci porta al cuore di chi è Dio, così da improntare le
relazioni tra noi in un ottica da Dio. Spiritualità
della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero
della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei
fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre
capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico,
dunque, come « uno che mi appartiene », per saper condividere le sue gioie e le
sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni,
per offrirgli una vera e profonda amicizia (NMI 43). Capite ora di quale
cambiamento radicale ci viene chiesto!
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