venerdì 17 ottobre 2014

Cari padri, portate pazienza

Mi trovavo ad accogliere un gruppo di ragazzi di ritorno da una esperienza estiva di una settimana, l‘entusiasmo era palpabile fin dalla loro discesa dall’autobus con canti vari e abbracci fra di loro e con tutti quanti. Pian piano ognuno ha preso la via di casa accompagnato dai propri genitori parte dei quali riunitisi ben in anticipo rispetto al loro rientro.
Tra saluti e baci rimase solo un ragazzo in attesa dell’arrivo dei suoi, lo coinvolgemmo nell’opera di scarico del pulmino che portava tutti gli “accessori” necessari alla buona riuscita del campo. Poco dopo arrivarono i genitori che raccolsero le sue valige rimaste abbandonate sul sagrato della chiesa, venne passata voce del loro arrivo ma del figlio neanche l’ombra, la madre si fece avanti e andò a cercarlo per salutarlo e dopo poche parole si avviarono verso la l’auto dove si trovava il padre ad attenderli dopo aver caricato i bagagli. Il figlio si diresse diritto verso la macchino senza dire niente al padre il quale evidentemente e giustamente preso in contropiede, visto che dopo una settimana almeno un cenno se lo aspettava, si rese presente con un “ciao eh, ci sono anch’io” a cui non seguì nessuna risposta da parte del ragazzo. Io non conosco niente di questa famiglia se non quello che ho visto, certamente poco per dire qualsiasi cosa. In generale mi sento però di suggerire nel possibile di arrivare puntuali e casomai in anticipo in questi momenti (sempre che proprio figlio ci avvisi), ma soprattutto ci tengo a dire una parola a tutti i padri che possono riconoscersi in questo come in mille altri eventi simili: portate pazienza e non mollate, il vostro ruolo è tanto importante quando spesso poco gratificante, non sarà sempre così e arriverà anche per voi il tempo di un figlio che cresciuto ricomincerà a cercarvi; importante è non mollare perché sia per i figli maschi che per le femmine, la vostra presenza risulta unica nel loro cammino verso la scoperta di sé.
Vi invito alla lettura di quanto scrive l’evangelista Luca al capitolo undicesimo del suo Vangelo, io qua ne riporto solo il finale senza commentare ulteriormente: Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa.

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