giovedì 23 ottobre 2014

Educare, che fatica!

Mi trovo, come all’inizio di ogni hanno pastorale, a riavviare tanti cammini educativi per arrivare anche a definire “che cosa fare” con i ragazzi; prima o poi è necessario arrivarci, ma speriamo dopo averci pensato su. Questo cerchiamo di farlo in vari consigli e gruppi nei quali con l’apporto di diverse persone si cerca di progettare e gestire su vari piani le diverse attività, ci si trova quasi sempre ad avere tantissimi belle idee ma nessuno che le porta avanti, tanti ragazzi tra le mani ma nell’impossibilità di seguirli a causa della mancanza di educatori che vi si spendano.
Quello che inizialmente potrebbe essere individuato come un problema degli adolescenti e inquadrato all’interno delle categorie dei diversi disagi giovanili, trova in parte radicamento ben da altra parte e in altra età: quella degli adulti. Occorrono certamente giovani accanto ad altri giovani, ma anche di adulti che come tali, e non fingendosi giovani o atteggiandosi tali, si assumano questa responsabilità nei confronti degli stessi ragazzi e della comunità. Viene posta al centro la formazione continua delle generazioni adulte che rappresenta uno dei tasti veramente dolenti delle nostre comunità e che trova un piccolo rimedio nelle offerte portate avanti dal mondo associazionistico e dai movimenti.
Affermare quindi che la questione giovanile trova un senso d’essere legato alla realtà delle generazioni adulte, mi sembra più che sensato; dico di più: nelle immaturità e devianze che vediamo nei ragazzi, noi vediamo a specchio le fragilità che toccano noi grandi per primi.
Affermando il ruolo centrale degli adulto nel contesto educativo giovanile sono ben consapevole della fatica che questo comporta e di come venga espressa chiaramente o meno da chi dovrebbe farsene carico; quante volte mi è capitato di ascoltare tanti motivi che spingevano quanti invitavo a saltar su in questa avventura, ad abbandonare la nave ancora prima si salirci. Mi ricordo ancora di un periodo nel quale avevo usato parole anche dure nei confronti di una comunità parrocchiale adulta incapace di trovare le forze per occuparsi dei ragazzi che tanto lo desideravano, a loro avevo detto: questi giovani voi non ve li meritate, se non ve ne prendete cura fanno proprio bene ad andarsene da un’altra parte, non venite poi a lamentarvi; nessuno saltò su, io trovai una altra comunità vicina che se ne prendesse cura, dopo qualche tempo gli adulti risaltarono fuori lamentandosi che non c’erano giovani, mi venne voglia di mandarli a quel paese, non sarebbe servito, ma non servì neanche rileggere con loro il perché di quanto denunciavano.
Parlando e osservando il rapporto adulti-giovani, quello che spesso si evidenzia è un senso di stanchezza nei primi rispetto ai secondi, credo che in modo molto autentico mostrino la fatica di vivere coni ritmi di oggi che li rendono non contenti della propria vita così com’è, a volte questo passa anche ai giovani trasmettendo loro che vivere non è poi così bello. Del resto quante volte capita di raccogliere racconti di ragazzi che narrano di come arrivano a casa i propri genitori dopo il lavoro, di come la fatica veramente vissuta condiziona e limita i rapporti, i dialoghi, il rappacificarsi… Non voglio nascondere niente, è vero spesso si è stanche ed educare è faticoso e spesso ci si sbaglia anche, eppure è necessario altrimenti si passa alla rinuncia di tutto un insieme di valori e relazioni che fino ad ora hanno fatto della famiglia, della scuola, dello sport e della parrocchia luoghi di crescita.
Occorre che come adulti riconosciamo che siamo disorientati tanto quanto i giovani, e forse di più perché facciamo più fatica di loro a muoverci in certi ambiti e usare certi linguaggi; mettetevi nei panni dei ragazzi e cercate di capire come in questa situazione diventi davvero difficile trovare dei punti di riferimento.
Non ci sono soluzioni a basso profilo, occorre riscoprire il ruolo di riferimento che un adulto deve avere, che non passa dall’alzare la voce o dal far valere la proprie età, ma perché viviamo da persone credibili e che accettano la fatica dell’educare, il che comporta anche accettare la fatica e sforzarsi di entrare in una relazione non sempre facile.

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