venerdì 22 gennaio 2021

Social e “company”: a che età?

Io non ho la ricetta in tasca, sono consapevole anche che per un genitore è spesso una battaglia il contrattare con i propri figli quando comprare e come gestire i vari strumenti tecnologici di accesso alla rete. Mi permetto di presentare alcuni spunti di diversa natura, senza voler insegnare niente a nessuno, ma sperando di aiutare qualcuno a prendere decisioni più sagge per il bene dei nostri bimbi e ragazzi, visto che purtroppo a volte continuano ad accadere eventi tragici che non possono lasciarci inermi.

Forse non tutti sanno che c’è un regolamento europeo del 25 maggio 2018 che, semplificando, prevede il divieto di offerta diretta di servizi digitali (quindi l’iscrizione ai social network e ai servizi di messaggistica) ai minori di 16 anni. È però anche previsto che tale limite possa essere ulteriormente abbassato dai diversi stati membri, così l’Italia con un decreto ha fissato un limite più basso ossia 14 anni; questa a mio parere è stata una scelta rischiosa. Il tutto poi si integra con la normativa statunitense, alla quale la maggior parte dei fornitori di servizi si riferiscono, che individua l’età minima a 13 anni. Ho voluto sintetizzare il contributo normativo non perché sia il più importante, ma perché credo che comunque offra un punto chiaro, permettetemi però di dire  che tale non sembra essere nella pratica, da parte degli adulti ci vorrebbe più onesta e rispetto in questo senso.

 Credo che già sarebbe un primo passo che le norme poste a garanzia dei ragazzi fosse rispettate, ma la questione si amplia. I genitori e gli adulti di riferimento devono essere “autorevoli”, in grado di leggere i bisogni dei giovani e di mostrare la loro competenza. Occorre essere consapevole dei loro limiti di fragilità legata alla crescita, ma riconoscendone le potenzialità e valorizzandole. Verso gli adolescenti servono dunque politiche nuove. Credo sia anche necessaria una certa “regolazione” dell’uso degli strumenti social, qui è chiama in causa la presenza dell’adulto che deve essere costante, dando tempi e modi non auto decisi. Il nostro ruolo non è solo quello di intervenire per vietare, ma per regolamentare, ecco perché è così importante una presenza regolare anche perché un adolescente ancora non ha una adeguata capacità in tal senso.

C’è poi un cammino di prevenzione, il cercare di creare competenze e aiuti perché i nostri ragazzi sappiamo affrontare e gestire a loro modo il mondo del web, visto anche che è irrealistico pensare di rimuoverlo dalla loro vita. Non si tratta solo d’informare sull’uso e i pericoli connessi, ma cercare di allenare quel senso innato dentro di noi che interviene per preservarci dal male: “in questa situazione cosa pensi sia il giusto da fare?”. Un dialogo che partendo da domande comuni (cosa hai fatto oggi, com’è andata a scuola…) preveda anche un interesse nei confronti del mondo virtuale vissuto (com’è andata su internet oggi, qual è la cosa più stupida o più bella vista oggi su Tiktok, hai aggiunto qualche foto…). Non m’illudo che sarà facile ottenere risposte facili da interpretare, come del resto lo è anche per tanti altri campi della vita dei nostri ragazzi, so anche che è solo un piccolo passo all’interno di un percorso. Nonostante tutto, credo sia un inizio per aprire un dialogo e offrire così all’adolescente la possibilità di affrontare insieme alcune questioni che potrebbero essere complicate o centrali per la sua vita ancora in sviluppo.

Infine, alcuni suggerimenti spiccioli, non esaustivi, possono riguardare: l’uso di filtri per la protezione da certi contenuti non adatti ai minori, l’installazione del computer in un’area di passaggio della casa o l’uso degli strumenti soli in presenza di un adulto, vietare le chat se prima non sono state autorizzate e verificate, sotto i quattordici anni sarebbe bene che se un ragazzo vuole ricevere mail usi l’indirizzo dei genitori e non ancora uno proprio, chiedere di essere chiamati o di sapere se si pensa che qualcuno sulla rete sta cercando di prendersi un po’ troppe libertà, il divieto assoluto di comunicare i propri dati compresi dove si va a scuola o dove si frequenta il proprio sport.

Mi avvio alla conclusione. Sintetizzando quello che ho desiderato proporre in questo intervento è: ci sono norme che definiscono limiti d’età e occorre rispettarle, questo non esime l’adulto dal mettersi in gioco cercando relazione e senso a quanto accade, occorre prevenzione rivolta ai ragazzi non solo informativa ma che punti a maturare un senso critico, sapendo che in ogni caso non si può fare a mano di darsi delle regole.

Spero che quanto scritto non impedisca di intravvedere una cosa a cui tengo molto: anche il mondo virtuale può offrire aiuti a superare alcune esigenze evolutive tipiche dell’età, così da essere un alleato al compito educativo e non un nemico. Lasciare questo mondo a se stesso isolandolo dal resto, non serve ad aiutare la crescita dei nostri ragazzi, non fa bene a loro e neanche a noi.

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