giovedì 3 febbraio 2022

Achille Lauro e Sanremo 2022

Occorrerebbe iniziare inquadrando meglio la sua figura di uomo e di artista, così come anche il suo rapporto con il mondo “religioso” con il quale si era già affacciato lo scorso Sanremo, ma questo richiederebbe di ampliare troppo mentre preferisco soffermarmi sull’esibizione di quest’anno.

A torso nudo. Dipende come lo si guarda, siete sicuri che sia a torso nudo? Sicuri che quello non sia un vestito come gli altri pazzi e stravaganti che ha indossato lo scorso anno o nei suoi eventi? Attenzione, voglio astenermi da un giudizio e mettermi in ascolto, concedergli la libertà di essere chi è. Per questo mi chiedo ancora: sono capaci i nostri occhi di cogliere nella pelle tatuata, nel fisico mostrato, la ricerca del bello, dell’essere amati? Sì certamente fatto in modo sfrontato, provocatorio e contro un certo pudore. Non lo dico solo per lui, ma per una generazione per la quale è cambiato il ruolo del corpo, voglio trattenermi dal dire se sia meglio o peggio di una volta, solo così posso ascoltare e incontrare la ricerca che ci sta dietro, il perché; su questo ci sarebbe da spendere spazio e tempo nel confronto, non tanto quindi su un torso nudo che non dice apparentemente niente di più dei tanti corpi esposti su Instagram o Tiktok, un corpo che viene esibito, fa parte dell’esibizione. All’interno di questa ricerca di senso, per noi credenti c’è l’occasione di riscoprire una riflessione e un annuncio: che seno ha per noi quel corpo, il corpo di chi è fratello e sorella? E il nostro corpo? Qual è il senso di una ricerca vera e profondo di bellezza e di preziosità agli occhi degli altri? Sono amabile e amato?

Nasce il compito di sostenere nella ricerca della propria identità passando anche fuori dal social network. Su questo punto genitori, insegnanti, educatori possono presentare modelli di adulti, non in contrapposizione, ma altri. È come la via del Vangelo che non nasce come contrapposizione alle altre, ma come via nuova che ci mette nella condizione di essere liberi di fronte a quando il mondo propone, la possibilità concreta di realizzarsi in un altro modo rispetto a quelli che altri propongono.

L’auto battesimo, chiamiamolo così. Credo che occorra fin dall’inizio, da parte di noi cristiani, l’evitare la tentazione di monopolizzare un gesto fatto con l’acqua del quale anche noi ci siamo appropriati, nel senso che esso non è stato inventato da Gesù, lui gli ha dato un significato nuovo, ma nel passato come anche oggi nel variegato mondo della “spiritualità”, l’acqua mantiene aspetti di purificazione in senso ampio. Se percorressimo la terra il lungo e largo, penso ci renderemmo conto di riti simili tutt’ora esistenti che non hanno niente a che fare con il cristianesimo.

Il riferimento era al battesimo? Penso di sì. Credo però nel senso anche gergale che questo termine ha assunto entrando nelle sue varie similitudini: battesimo del fuoco, battezzare il vino (annacquarlo), battezzare una persona (darle un’etichetta)... Mi sembra di aver intuito che per lui e la sua carriera, questo momento all’Ariston, rappresentasse un momento nuovo, un esordio, la celebrazione di una vera rinascita; mi permetto di dire anche più sobria della scorsa volta, niente più make-up esagerati, piume e tacchi alti o tutine aderenti quanto scintillanti. Personalmente penso che possa essere stata una celebrazione, ovviamente non liturgica, di una sua evoluzione artistica. Sul suo profilo Instagram al riguardo della cosa lui stesso ha scritto: “Mi sono interrogato sul senso del mio essere, del mio essere di passaggio, del mio essere umano. Il palco è lo stesso di sempre. Io, invece, no“.

Da cristiano non nascondo che quanto visto immediatamente mi ha fatto arrabbiare, ma sempre da cristiano sono invitato a una lotta contro le miei passioni e alla necessità di un cammino che guarda dentro le cose senza fermarsi all’apparenza. Così ora serenamente mi dico, che non mi sembra che quanto fatto sia lì contro la Chiesa e la fede, ma per quel luogo dove concretamente si trovava, un luogo che è tramite della tradizione musicale italiana. È lì per sdoganare qualcosa di nuovo, a scardinare quella “chiesa dello show”, della celebrazione rituale dello spettacolo all’italiana.

Riguardo al titolo della canzone: “Domenica”. L’autore ha spiegato così: “Si intitola Domenica, che è il giorno in cui si è liberi e si fa tutto quello che è bello fare”. Io gli credo, nel contesto attuale la Domenica ha socialmente perso il suo riferimento al giorno del Signore, per un non credente viene trattato semplicemente come un giorno della settimana diverso dagli altri, è vero che per noi cristiani non è così, ma non viviamo più in un contesto dove possiamo dare per scontato che lo sia anche per gli altri. La canzone del resto non ha un contenuto di riferimento religioso, unico accenno potrebbe essere al termine quell’Alleluia ad opera del coro Gospel di spalla, ma del resto è proprio del gospel fare anche quello.

Certo quanto scrivo va in direzione diversa dal comunicato stampa, a mio parere affrettato e superficiale, della curia della diocesi di san Remo: “Una triste apertura del Festival della Canzone Italiana 2022 ha purtroppo confermato la brutta piega che, ormai da tempo, ha preso questo evento canoro e, in generale, il mondo dello spettacolo, servizio pubblico compreso”; non voglio soffermarmi sopra più di tanto, anche perché divento critico invece su queste parole che vengono da un contesto di fede e che cadono come parole giudicanti in modo generalizzato su un evento vissuto e portato avanti da tanta gente e dalle quali mi sento di prendere le distanze. Continua dicendo: “La penosa esibizione del primo cantante ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante”; se siete arrivati a leggere fino qua avrete capito che la mia analisi del tutto e ben diversa.

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