lunedì 10 agosto 2020

Tik Tok e lockdown

Questi mesi di lockdown hanno lasciato parecchi stupefatti su come gli adolescenti abbiano affrontato la cosa, ci si aspettava che fossero disobbedienti andando contro le norme fissate o che assumessero atteggiamenti di protesta, pensavamo questo perché come mondo adulto ancora ragioniamo con schemi ormai vecchi. 

Eppure si sono trovati da un giorno all’altro senza scuola (principale luogo di socialità), senza attività sportive e ricreative, senza la possibilità di vedere gli amici, ma soprattutto chiusi in casa propria, quei muri che tanto si desidera abbandonare. Nonostante questo, sono stati proprio bravi. 

Purtroppo in pochi li abbiamo aiutati. Pochi hanno cercato di spiegare che, con i loro sacrifici, stavano lottando come veri eroi contro un nemico invisibile, quasi fiabesco o da film apocalittico, che cercava d’infettare altri corpi. Non uscire di casa, non vedere gli amici, non andare a scuola faceva parte di una guerra per la sopravvivenza, un atto di responsabilità individuale per il bene di tutti. 

Sapete a chi va il merito di averli “salvati” durante questo periodo tanto difficile per tutti? Sicuramente un premio va dato ai diversi “social”, spesso invece molto denigrati dal mondo adulto, infatti per noi è difficile capire quanto l'amicizia, il gioco, le attività di gruppo, persino la sessualità vissuti su Internet abbiano uno spessore, una profondità e un'assoluta veridicità per i ragazzi. 

Durante il lockdown, la Rete è stata una grande risorsa, che ha consentito ai ragazzi di colmare l'enorme vuoto lasciato da tutto quello che gli era stato tolto di colpo. Non sto dicendo che sia andata meglio così piuttosto che avessero vissuto normalmente, dico che sono stati in grado di trovare le modalità di gestire questo momento difficile e di sfruttare al meglio le risorse disponibili: la famiglia, la scuola virtuale, i rapporti social a distanza; ciò non significa che non si siano annoiati, né che per loro sia stata una passeggiata.

Insieme al giustificare loro le pesanti rinunce, ci siamo lasciati scappare la possibilità di parlare del tema della malattia e della morte, perché il compito dei genitori non è nascondere ai figli la paura e la morte, bensì aiutarli a elaborare la paura della morte. Era la possibilità per insegnare che la vita va protetta proprio perché è fragile.

Valerio Mazzei, uno tra i creator più popolari della rete con milioni di seguaci su YouTube, Instagram e TikTok, in questi mesi ha avuto il tempo di scrivere la sua prima canzone. Ha perso la mamma all’età di undici anni, ha deciso di scrivere e cantare di lei e di come vive oggi questo evento doloroso. Noi adulti non siamo riusciti a parlare ai nostri ragazzi di sofferenza e morte, questo ragazzo lo ha fatto con una canzone, lavorandoci sopra per mesi e scrivendone una parte, piangendo, sul letto di un suo amico, Diego Lazzari, anche lui un giovane appartenente alla famiglia degli influencer.

Non voglio esaltare la realtà dei social, essendo parte del nostro mondo ha anch’esso i suoi chiaroscuro, desidero però cercare di spiegare meglio al mondo adulto del bene che può venire da certi strumenti un po’ troppo demonizzati. Non solo, ma come occorra che anche noi ci entriamo dentro, non certo come i ragazzi, ma almeno conoscendone i meccanismi prima di arrivare a facili pregiudizi. 

È così allora che il profilo dell’oratorio aperto su TikTok non è da vedere come un pericolo perché incentiva i giovani a far uso di questa piattaforma, è da vedere come una potenzialità, una risorsa di cui avere cura e da non lasciare a sé stessa per dire e raccontare certe cose ai giovani come una volta si faceva con altri mezzi. In ogni caso, le preoccupazioni di alcuni adulti occorre che vengano ascoltate e perché no, possano diventare l’occasione di confrontarci e aiutarci a scelte più responsabili, è chissà che non sia l’occasione non solo per parlarne tra noi, ma cominciarne a parlarne anche con i ragazzi… di questo e di altro.

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