lunedì 9 luglio 2018

Semplicemente grazie


In queste settimane qui in parrocchia accade che un centinaio di ragazzi della nostra unità pastorale trascorrano il loro tempo finalmente libero dalla scuola, prendendosi cura dei bambini, con gioia e tanta vivacità. Non tutto sempre è stato facile o è andato come doveva, qualcuno ha fatto fatica non sempre dimostrandosi all’altezza. Ma ugualmente c’erano tutti, con il loro desiderio di spendersi insieme per fare del bene, proprio dentro le nostre comunità dove tanti spesso ne sottolineano l’assenza. Stavolta, come in tanti altri casi, c’erano.
Stiamo parlando di qui giovani che vediamo in giro per le piazze, casinisti sui tram, in giro le per autostrade del web, fermi al bar per bere una birra e fumarsi una sigaretta (anche quando non ne hanno l’età). Quei ragazzi che diciamo che non ci ascoltano, ma poi passano dal disimpegno al coinvolgimento quando li si riesce a rendere protagonisti, che se la prendono quando ci lamentiamo di loro tornando però presto cercando di fare meglio di prima. Scappano dalle loro famiglie volendone sentire parlare il meno possibile per poi finire a essere lì per i figli degli altri. Il naso in chiesa ce lo mettono raramente, ma non perdono l’occasione di celebrare la liturgia della loro vita a servizio degli altri in quel “sacramento” di Cristo che sono i più piccoli. 
In questi giorni, finito il campo estivo, mi contatta il responsabili del salone usato chiedendomi conto del non perfetto riordino del tutto alla fine delle attività, di chi fosse stato l’adulto di riferimento lì con gli animatori. Mi sarebbe piaciuto rispondergli, ma anche a me sarebbe piaciuto sapere dove fossero i tanti adulti della comunità che abbiamo cercato di convocare per questo evento che aveva bisogno anche di loro. I giovani ci sono, e noi adulti? Anche per noi c’è un posto importante e scomodo. Mai al posto dei ragazzi, mai senza di loro, non prima di loro, invece accanto loro, vicini abbastanza perché allungando la mano riuscendo a sostenerli, abbastanza lontani da non essere tra i piedi.
Alcuni meriti però bisogna darli, c’era un educatore professionista che guidava il tutto, affiancato da alcuni adulti che incastravano il servizio negli impegni di lavoro e famiglia, adulti che hanno lavorato tanto e andando personalmente in perdita anche se usciti arricchiti dal lavoro accanto ad adolescenti che sono veramente una forza, si divertono servendo.
Da parte loro tanto tempo donato, guidati da adulti che sono stati significativi per la loro esperienza. Ragazzi che avrebbero avuto altro da fare e invece eccoli qua. È stata una bella cura per il tanto pessimismo che spesso si sente girare intorno al mondo giovanile. A me è servito tanto, lo darei quasi come “medicina” ai tanti adulti un po’ sconsolati verso le nuove generazioni in crescita. Non che tutto sia andato bene, ma i ragazzi sono stati all’altezza.
Dico quindi semplicemente grazie per questo loro esserci. Hanno voglia di fare, di sentirsi importanti e valorizzati, anche se solo per un po’ le nostre comunità sono state capaci di accogliere questa loro ricerca.
Sento già qualcuno che mi dice: ma tanto a settembre tanti di loro spariranno. Ci penseremo poi, intanto adesso dico loro grazie, non è da tutti riuscire a servire divertendosi, è una grande lezioni per noi adulti.
I nostri ragazzi nella loro vita sperimentano una grande forza che li porta verso il saper uscire da sé per amare. Ci si scontra però con la fatica di realizzare questa loro “chiamata” per via dei tanti motivi, che chiamo “tentazioni”, che spingono invece nella direzione opposta. Eppure basta una bella iniziativa, vedi quella di cui stiamo trattando, che riescono non solo a sognare, ma a sperimentare quanto sia bello donare agli altri gratuitamente. Non parliamo solo del venire a fare quattro tocchi al pallone con i bimbi, diventa un collante sociale che vince certi schemi imposti dal disagio sociale o dalla solitudine della disabilità infantile.
Ed è così, che in un mondo che offre tante distrazioni che non aiutando i ragazzi nel realizzare il loro vero bene, noi discepoli di Gesù abbiamo tra le mani tante cose belle che sono capaci di far fiorire la ricerca della propria realizzazione nel dono di sé. Le parole del nostro Maestro “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8), escono dal loro essere una pia professione di fede moralistica, diventano l’impegno a realizzare nel concreto della propria vita la missione affidata da Gesù anche se tante cose continuano a non essere chiare.
Mi sento di rinnovare in modo forte le stesse parole anche oggi, a ogni adolescente: riconoscete quanto avete ricevuto, datelo gratuitamente, spendendo la vita per gli altri non perderete niente ma troverete voi stessi; Dio è dalla vostra parte in questa ricerca.
Così per tanti adolescenti, il campo estivo parrocchiale può diventare un ottimo modo nel quale “per gioco” mettersi realmente a servizio dei più piccoli, forse per qualche adulto una cosa molo ovvia e un po’ sottovalutata, ma per i giovani sicuramente un’occasione per crescere nella responsabilità dello propria vita per gli altri. Se anche all’inizio non viene fatto in modo pienamente consapevole, rappresenta ugualmente un passaggio dal valore educativo.
Ecco infine crescere e nascere come una nuova icona, un’immagine sacra, che non ha niente da invidiare a quelle che per tanto tempo hanno nutrito la fede di tanti: giovani animatori sotto il sole, tutt’intorno bambini che attendono da loro una parola, sudore e stanchezza a fine giornata, le lacrime dell’ultimo giorno, sorrisi che non si dimenticheranno mai.

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