mercoledì 15 novembre 2017

Educatori autorevoli: non giustificare ma comprendere

Chi mi segue, avrà già sentito dire che in questa nuova epoca delle relazioni tra i giovani e gli adulti, questi ultimi non possono più oggi basare la propria funzione su metodi che mirano all’esercizio di un controllo basato sull’autorità e le punizioni, anche i divieti fini a sé stessi del tipo “è così e basta” scricchiolano nella loro forza. Con quanto scrivo non voglio neanche affermare o appoggiare che rimanga solo da portare pazienza, giustificando in tutto l’operato degli adolescenti difendendoli a spada tratta. Quindi cosa rime da fare?
Il mio invito a tutti coloro che hanno a che fare con il mondo dei ragazzi, è quello di sforzarsi di “comprendere” in modo autentico, che non è scusare sempre i loro atteggiamenti, ma riflettere con loro per aiutarli a capire le conseguenze dei loro gesti, su di sé e sugli altri, in questo da soli fanno fatica. Questo prevede anche il saper dire di no evidenziando gli errori compiuti, senza fermarsi a questo ma dandone ragione consegnando loro i motivi e le evidenze concrete che sostengono il nostro intervento correttivo. Tutto questo con la grande attenzione che nella comunicazione e nell’intervento correttivo, emerga che si sta intervenendo sul comportamento, sull’azione sbagliata, il che non corrisponde al fatto che loro siano dei falliti, inoltre è spesso utile non limitarsi a dire “no” ma offrire anche alternative da percorrere o per esprimere una ricerca che può rimanere giusta e bella.
Non si tratta quindi di giustificare, ma di comprendere il comportamento della persona. Nella dinamica della fede cristiana, si potrebbero trovare in questo, legami con la dinamica del “perdono”, esso non richiede di legittimare l’azione sbagliata dell’altro, ma sentire quanto passa nel cuore della persona che è lì davanti. Incontro tanti giovani che cercano di fare del loro meglio così come è ora possibile, nonostante ciò capita che sbaglino ugualmente.
Quando quindi dico che occorre comprendere gli adolescenti, è perché occorre partire dando loro fiducia, accettando che sia realmente possibile che uno faccia del proprio meglio nella vita che è condizionata dai limiti e dal peccato che ciascuno si porta dietro, così che i comportamenti saranno frutto anche di tutto questo.
Comprendere è perdonare e rinunciare al proprio risentimento, lì dove un ragazzo ha fatto del proprio meglio; come adulti occorre lasciare perdere il rancore e la rabbia che vengono dal confronto con tanti atteggiamenti urtanti che cogliamo nei giovani. È una cosa da fare non solo per il bene dei ragazzi, ma anche per quello di no adulti, non ci fa bene rivangare sempre quanto accaduto in passato.
Il perdono ci porta a superare i modelli ideologici con i quali si muove solitamente la società di oggi, spesso più orientata alla vendetta o al risarcimento. Capita che ci facciamo guidare ancora dalla “legge del taglione” mentre Gesù ci chiede di superare questa giustizia retributiva. Nella parabola del “padrone che condona il debito” (Mt 18,23-27), incontriamo un uomo che non abolisce ciò che sarebbe giusto, ma si assume in proprio il dovere dell’altro, la mancanza del servo. Così facendo va ben oltre quanto il suo sottoposto si sarebbe aspettato, infatti aveva chiesto solo di portare pazienza nulla di più, invece ottiene in cambio il condono di quanto dovuto. Facendo così il padrone regala futuro, una nuova prospettiva che permette al servo di ricominciare una vita nuova, è così che anche il suo presente concreto riceve un valore nuovo, cosa che non accade lì dove perdono e comprensione non ci sono.
Occorre che come adulti teniamo presente, che oggi nei giovani è forte il sentimento di preoccupazione di poter deludere le aspettative delle persone alle quali sono legati, per questo mai come oggi il sentimento di vergogna rappresenta uno degli elementi più destabilizzanti nella vita di un adolescente. Essa viene non tanto dal sentirsi in colpa perché un comportamento non è allineato con quanto richiesto, ma piuttosto dal non sentirsi all’altezza delle tante aspettative che nell’infanzia sono state portate sopra di lui e con le quali è cresciuto, nel passaggio dal sentirsi coccolato e protetto, a quello di essere ora messo alla prova da un mondo che non riconosce più facilmente, come facevano i genitori, la propria bellezza e potenzialità.
In questo passaggio caotico dall’infanzia alla giovinezza, dove è in agguato il sentimento della vergogna, i ragazzi sono profondamente alla ricerca di figure educative adulte che sappiano accogliere e accompagnare questi passaggi tanto delicati, che rendano ragione delle fatiche che ci sono a crescere nel mondo d’oggi, che sappiano riconsegnare loro la speranza nel futuro senza lasciarli soli.


Nessun commento:

Posta un commento