giovedì 14 settembre 2017

Adolescenti e vita spirituale

È un dato di fatto, criticabile ma non bypassabile, che i giovani di oggi giudichino le cose secondo criteri diversi dai nostri, in particolare per loro una cosa è importante se attraente, indicando con questo anche l’aspetto estetico che porta a prenderne immediatamente una posizione secondo criteri che sono anche emozionali; la partecipazione a un evento è qualcosa di “sentito” nel senso che per loro ha una grande importanza la dimensione affettiva e relazionale nel giudicare una cosa con tutto quello che si porta dietro al riguardo un certa fragilità ancora in maturazione; inoltre i criteri di comunicazione riferiti ai nuovi linguaggi di socializzazione e di scambio maturati in questi ultimi anni, sono molto diversi da quelli ai quali eravamo abituati noi non più giovani.
Quanto fin qui detto è un’introduzione necessaria per chiarire in parte, come le nuove generazioni si collocano nei confronti dell’adesione personale alla religiosità e nella partecipazione attiva agli eventi a essa connessi. Il “praticare la fede” non è più un qualcosa che passa in automatico da generazione a generazione, è una scelta. Così oggi è particolarmente difficile per un giovane avere a che fare con il fenomeno religioso così com’è strutturato e vissuto, come si è sedimentato in secoli di storia. Un tesoro sicuramente prezioso, ma che risulta immediatamente difficile nei linguaggi, nelle forme rituali, nei simboli; tutte cose che non è detto riescano a entrare in contatto con il proprio sentire così come ho descritto all’inizio del testo.
Succede così, che questo mancato incontro porti a una crisi con conseguenze sia in ambito di partecipazione dei giovani ai cammini proposti, sia di frequenza alla celebrazione domenicale della fede. Il tutto è successo abbastanza velocemente così da lasciare la comunità ecclesiale in difficoltà e in difesa di fronte a questi eventi; si era in tanti, tutto sembrava facile e strutturato, oggi si fatica a esserci e occorre sintonizzarsi secondo le attese che i ragazzi portano con sé, così che le iniziative sono di volta in volta giudicate adeguate o meno alla propria ricerca, senza essere più sdoganate in anticipo solo perché fatte dal prete o dall’educatore di turno.
Non sono allineato con quanti giudicano le nuove generazioni come non disposte a credere, certamente esse si portano dietro una componente maggiormente profana rispetto al passato, ossia una vita che non si sente abitata in sé dal sacro, ma più dalle cose che accadono tutti i giorni, questo li porta a fatica ad aprirsi al mistero cristiano già presente in seme in ogni persona. Per loro la Messa non riesce più a essere via per celebrare e ringraziare quanto di vero sentono al centro della propria esistenza, così che percepiscono tutto l’ambito rituale come non capace di incontrarli nelle loro ricerche. È così che se interrogati intorno a questa materia, non mancano di mostrare tutta la propria fatica comunicando le sensazioni che la partecipazione alla messa spesso si porta dietro: noia, peso, lontananza, il non senso.
Credo che un’opportunità offerta alla pastorale giovanile di oggi sia una conversione di approccio, non più andare a caccia dei ragazzi inventandosi le più strane iniziative, ma andare dove già ci sono così da raggiungerli, dopo di che far loro proposte affascinati per riattivare il cammino verso Gesù e di riaggancio alla Chiesa.
Nel corso della propria crescita l’adolescente non nasconde la nascita di tanti dubbi, diventa scettico per istinto e portato per presa di posizione a negare in anticipo piuttosto che fidarsi. L’apice di questa dinamica la si osserva per i maschi nella fascia compresa tra i tredici e i sedici anni, mentre per le femmine con un lieve anticipo. Ciò che comincia a fare problema è il riuscire a tenere insieme Dio e la scoperta dell’esistenza delle leggi della natura, anche l’evidenza della sofferenza e l’esperienza del male contribuisce a questo, nonché il desiderio di autonomia e una crescente riflessione in ambito morale con particolare attenzione ai temi legati alla sessualità.
Di per sé i dubbi che nascono nel corso della crescita possono essere positivi, cioè se aiutano a cercare in modo più deciso la verità, ne esistono però anche di negativi nel senso che portano a una crisi e a uno stallo, capita spesso che in adolescenza quando questi riguardano la fede, essi aprono la strada all’indifferentismo se non al rifiuto del fenomeno religioso in sé.
Parlando quindi di vita spirituale dei nostri adolescenti, occorre prendere coscienza che le istanze della loro crescita, chiedono di mettersi alla ricerca di una religione pratica e che divenga personale, questo perché desiderano prendere da soli le proprie decisioni. Tutti coloro che hanno accompagnato giovani nel loro percorso di fede, si sono resi conto che sono più disposti al servizio che non alla riflessione, nonostante cerchino ideali per la propria vita facendolo però non teoricamente, sono impegnati nella ricerca di amici e quindi una comunità che si esprima come presenza di un gruppo di compagni che serva da sostegno. Nella vita vogliono fare la differenza, per questo cercano consigli nelle decisioni in ambito morale, così come anche di essere ascolti e accolti nei tanti interrogativi che riguardano la religione.
In questo cammino non ci si può aspettare che la dimensione spirituale cresca linearmente verso la maturità, le emozioni che tanto guidano in questo periodo di vita, prima o poi perdono di potenza lasciando l’adolescente in balia di tanti dubbi, questo è normale. Occorre quindi aspettarsi passi avanti e indietro, ma del resto una fede forte è proprio frutto di questo viaggio avventuroso e pericoloso, sperando che abbia come esito quello di incontrare quel Gesù che è capace di riportare pace calmando il vento e le onde che si abbattono contro la barca, che è la vita dei nostri ragazzi.
Occorre quindi un approccio che sappia prendere spunto da diversi aspetti: dare informazioni e contenuti inerenti la fede con attenzione allo sviluppo intellettuale e alla capacità del ragazzo di saperle farle proprie, come adulti e giovani più grandi della comunità cercare di dare l’esempio con uno stile di vita che mostri la possibilità di integrare nella propria vita la presenza di Dio, aiutare a non guardare solo a sé ma introdurre a un sistema di valori che esiste perché ci sono anche gli altri, ragionare sui motivi che guidano a mettere in pratica certi comportamenti in coerenza con quanto si crede o alla comunità ecclesiale alla quale si appartiene, lavorare affinché il gruppo dei pari come gruppo di incontro bello e ci si senta bene, come Chiesa impegnarsi per recuperare una immagine positiva e credibile, saper pazientemente e ripetitivamente riproporre i valori come risposta alle domande e ricerche che emergono.
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio (Gv 1, 35-39).
Questo brano rappresenta un’icona del compito che ci viene richiesto, il saper guardare e volgerci verso i giovani di oggi sapendo suscitare e riconoscere un desiderio, spesso esso non si  esprime sotto forma di certezza, ma può riportare altre interrogativi, i discepoli di Giovanni rispondono con una domanda a quella posta da Gesù. Di fronte a tutta l’insicurezza e la provvisorietà che a volte si coglie nella vita dei ragazzi, così come in quella dei due del Vangelo, occorre il coraggio di fare una proposta, porre una sfida che si giochi in una scommessa e non su una certezza, è così che i discepoli di Giovanni si mettono prima in cammino e solo poi vedranno (non l’opposto: vedere per poi venire) diventando discepoli di Gesù.
In tutto questo hanno bisogno di guide adulte nella fede, che sappiano prenderli sul serio, amandoli, che racconti e mostrino con la propria vita che si può e come si fa a vivere quello in cui si crede; un adulto onesto con loro, sincero nel prendersi cura di loro con il buon pastore e non da mercenario, che abbia un propria vita di relazione con Dio.


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