giovedì 24 agosto 2017

Figli fratelli feriti

Capita spesso che alcuni gruppi usino per comunicare rapidamente fra di loro strumenti di messaggistica istantanea; è successo anche a un gruppo di ragazzi di terza media che insieme ai propri educatori se ne servivano per tenersi aggiornati sulle novità. Purtroppo l’utilizzo di questi mezzi non è senza rischi tipici di una comunicazione non diretta, tante volte gergale, ma che però rimane scritta, un modo di comunicare con il quale tutti dobbiamo ancora prendere un po’ le misure.
Per tornare comunque al caso di cui vi voglio parlare, un giorno è successo che da un gruppo formato su una delle piattaforme più famose di messaggistica istantanea, una delle componenti uscisse senza dirne il motivo, immediatamente tutti cercarono di capire il perché, non esisteva una ragione specifica e immediata, ma più una serie di fattori che pian piano vennero a galla con il contributo di tanti. Purtroppo il discorso degenerò scadendo in una sfilza di parole fuori luogo e offese più o meno dirette alla ragazza uscita che, in quanto tale, non poteva neanche rispondere. Il tutto non rimase a sua insaputa e neanche a quella dei genitori e degli educatori che faticarono a fermare l’escalation che si era innescata.
Non intendo discutere riguardo tutte le cose oggettivamente sbagliate scritte nei vari messaggi e l’evidente inopportunità del tutto, mi permetto invece di entrare nel merito di come la cosa è stata vissuta dagli adulti di riferimento e dai ragazzi.
I genitori solitamente si trovano in difficoltà ad affrontare simili aspetti, sia per via del mezzo di comunicazione che prevede modalità e conseguenze diverse da quelle a cui si è abituati, sia perché scatta un non so che di istinto materno e paterno del preservare la reputazione dei propri figli, assumono così atteggiamenti poco “adulti” in difesa sfrenata dei propri figli e contro quelli degli altri.
Poco dopo il tutto capitò di incontrare i genitori e ci si chiedeva cosa si potesse fare. Credo importante sempre cercare di impostare il confronto partendo dall’oggettivo, dai fatti successi, valutandoli, senza per questo cadere nel giudicare le persone. Insieme a questo, è sempre bello mostrare l'occasione preziosa da cogliere, quella di poter discuterne insieme con i propri figli, non partendo dall’astratto, o dal moralistico, ma da una situazione concreta che permette di entrare nel vivo riguardo l’uso dei social network. Spesso dietro occasioni critiche, si può cogliere la possibilità di farne occasioni di crescita nel dialogo e nell'ascolto.
Come successo con i genitori, anche per gli educatori non è stato semplice, li ho trovati presi in contro piede, anche quelli più giovani che ritenevo più vicini per età e sensibilità al gestire certe cose in un certo modo. Ho colto in loro la capacità di prendere seriamente la cosa, ma poi di lasciarsi un po’ spaventare dal tutto, il che ha reso difficile per loro cogliere l’opportunità che ora era messa in campo, quella di parlare della cosa con i propri ragazzi, partendo dalla loro vita. Nonostante provassi a spiegarmi, li vedevo rimanere perplessi e poco propensi a cogliere al balzo questo momento di prova, per farne una occasione di riflessione e di annuncio di un modo diverso e possibile di gestire il tutto; la permalosità è un grosso rischio per chi si mette a fianco dei giovani, rischia di far perdere il filo della relazione.
Usando una metafora calcistica, alla fine del primo tempo in vantaggio si trovavano i ragazzi, come capita spesso essi passarono l’esame e si dimostrarono all’altezza quando fu l’ora di affrontare la cosa, lo fecero con modi meno violenti di quelli usati dai propri genitori e con la sufficiente serenità mancata invece agli educatori.
Visto lo spaesamento degli adulti di riferimento, decisi di intervenire io, venne l’occasione di ritrovarsi insieme per l’incontro settimanale con i ragazzi, non dubitavo del loro desiderio di parlarne, del resto lo avevano espresso chiaramente anche nei messaggi scambiati. Sicuro che i nostri ragazzi sono capaci molto più di perdonarsi rispetto a quello che sappiamo fare noi adulti, non ero preoccupato del clima che infatti si rivelò disteso. Al centro cercai di mettere non i litigi personali fra i singoli, ma la forza del gruppo e l’occasione che offre di risolvere e curare certe ferite. Insieme mostrai il grande contrasto che era emerso tra il forte desiderio di amicizia e fraternità e la difficoltà poi a farsene portatori; feci così ascoltare, con tanto di testo, una canzone del Sermig: “Resta Padre”.

Resta Padre
Testo: E. Oliviero - Musica: M. Tabasso
Padre Nostro che sei nei cieli,
Tu sei Padre e noi siamo figli.
Ma tra di noi non siamo fratelli
e usiamo invano il tuo nome.
In cielo e in terra vuoi offrirci il tuo regno,
ma noi la fratellanza la viviamo
rubando, affamando,
violando e uccidendo.
Ti chiediamo il pane quotidiano,
ma poi non lo distribuiamo,
Ti chiediamo il perdono
e abitiamo poi con l'odio
Tu continui a mostrarti Padre
perché.
Perché tu sei Padre e noi siamo figli,
e possiamo riflettere il tuo Amore.
Padre Nostro resta Padre
converti il nostro cuore.
E aiutaci a non abituarci
all'odio che fa male più del male.
La bellezza che ci offri
sciolga il cuore duro
e ci faccia vivere fratelli
tra noi.

La promessa che rimane è, che pur nei nostri limiti e dispute, rimaniamo figli capaci di riflettere amore, anche lì dove sembra regnare l'odio e l'egoismo, rimane un Padre che ci chiama a una vita migliore, a servizio di questa vita ci sentiamo come educatori; questa la speranza da consegnare alla vita dei ragazzi, riflettere amore. Se anche capita spesso di dover attendere anni, di versare qualche lacrima, non ci molliamo e chiediamo a Dio di non abituarci a un mondo che funziona con altre logiche, l'impegno a offrire a tutti i giovani una alternativa possibile al solito su cui si rischia di adagiarsi.



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