lunedì 18 febbraio 2019

Fede vs ragione

Qual è il rapporto tra fede e ragione? Che senso ha credere? Certo i nostri ragazzi non esprimono in questo modo le domande legate a una ricerca che, entrando in adolescenza, diventa piena di nuove domande e risposte da trovare intorno a tante questione che nell’infanzia avevano trovato una loro quiete. Eppure adesso il tutto esplode, con una maggiore capacità riflessiva e di astrazione maturata e quindi la necessità di arrivare in fondo alla ricerca del senso di una fede ricevuta e che ora devono decidere se fare propria o meno.
Sulla bocca di Elisabetta troviamo una espressione di lode per Maria: beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore(Lc 1,45). Che cosa significa credere? La fede è la risposta della persona umana a Dio che le rivela se stesso, dando allo stesso tempo una luce sovrabbondante all’uomo in cerca del senso ultimo della sua vita.
Il cammino che ci si pone davanti è quindi fin da subito di impronta relazionale con la presenza di due protagonisti: l’uomo e Dio.
 I nostri ragazzi colgono quasi per naturalezza, le tante domande che sono presenti dietro i propri bisogni. Siamo persone in ricerca di qualcosa o meglio qualcuno, ce lo abbiamo scritto dentro e lo sentiamo. A volte questo capita quando la vita è toccata da eventi forti che di destabilizzano. Viene a galla così una vita che non può trovare senso se rimane chiusa in se stessa, così ci si chiede il perché del tutto. Quali sono queste ragioni? Chi o che cosa risponde al mio desiderio di vivere una vita per cui valga la pena di vivere?
Quando Dio, quando noi educatori guardiamo in faccia i nostri ragazzi, noi vediamo uomini e donne che non si accontentano semplicemente di vivere, ma che ne cercano il senso ultimo.
Cosa dire ai nostri ragazzi, se non che la fede è incontro e il modo con il quale questo avviene è fatto fondamentalmente di due modi. Innanzitutto la “parola” con cui si può dire il proprio desiderio profondo, i pensieri, i sogni; parole capaci di consegnare se stessi. Questo non basta, infatti un secondo strumento che costituisce l’incontro, è fatto dai tanti eventi che accadono, la storia così come concretamente si esprime.
Pensiamo ora a una relazione tra un ragazzo e una ragazza, quando quest’ultima si sente destinataria di una dichiarazione d’amore, può reagire in tre modi: dubitare della serietà della proposta vedendola non affidabile, non accoglierla perché non si sente attratta dal ragazzo, accettare e iniziare un cammino.
Se è vero quanto detto, perché questa storia di due vite intrecciate possa cominciare, non è sufficiente che la proposta sia vera e sincera, occorre anche che ci sia una attrazione reciproca: non è coinvolta solo la testa (la ragione), ma anche il cuore (gli affetti).
Non è forse così anche per con Dio? Certo la fede è fatta di parole vere, di un messaggio per noi da Dio che ci vuole bene e che desidera stare con noi stimolandoci a prendere una risposta nei confronti di questa proposta. Il primo passaggio quindi chiede a un giovane di prendere posizione nei confronti del messaggio di Dio riconoscendolo come vero o rifiutandolo come un inganno.
Mentre la seconda posizione interrompe il cammino, la prima lo rimette in movimento verso un passaggio successivo dove la fede non può limitarsi al sì detto dalla nostra testa (ragione), ma chiede di verifica se nasce un interesse verso la proposta di Dio per noi o se essa ci lascia indifferenti. Qui parliamo di una vera attrazione affettiva, di fronte alla quale liberamente decidiamo che risposta dare.
Credere in Dio quindi non vuol dire solo riconoscere come vere le cose che mi dice, ma “sentirsi” coinvolti in una sorta di innamoramento, di attrazione reciproca.
Arrivati al definire con parole piccole un mistero in sé grande, dove aver compiuto questo cammino, un giovane potrà arrivare anche a riconoscere nella propria vita da dove tutto questo ha avuto inizio. Certamente la fede è un atto ragionevole, libero e amante della persona che crede. Ma ancora prima e di più è un atto di Dio stesso il quale muove il cuore dell’uomo e lo rivolge a sé, apre gli occhi della mente e fa gustare la dolcezza nel dire di sì a Dio.
Detto a parole sembra tutto semplice, ma nei fatti non lo è. Abbiamo sulle spalle la pesante eredità della cultura moderna, che ci ha abituati a pensare fede e ragione come due grandezze esteriori e alternative. Si dà quasi per scontato che per ragionare non serve credere, e che credere è rinunciare a ragionare. Così però la ragione è ridotta a calcolo, la fede a salto nel buio, con il risultato che entrambe falliscono.
Per maturare nella fede, occorre guardarsi bene dall’opporre testa e cuore. 

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