martedì 2 ottobre 2018

Tranquilli, sugli adolescenti stiamo sbagliando tutti

Non sono all’altezza, dove sto sbagliando, ci vorrebbe un altro al mio posto, cerco di dire dei no ma non funziona, gli lascio i suoi spazi ma m’ignora, internet c’è non si può far finta che non sia così, con i cellulari adesso basta è ora di finirla, un qualche ceffone ogni tanto fa bene, cerco di non fargli mancare niente. Niente sembra funzionare, dove stiamo sbagliando? 
Mi capita di incontrare tanti adulti, appassionati ma spaesati di fronte a un’adolescenza che faticano a comprendere, ne provano tante ma sembra che non ci sia via d’uscita.
Finora mi sono sempre concentrato molto sui ragazzi, solo ultimamente ho seriamente preso atto che non ci si può occupare di loro dimenticandosi dei loro adulti di riferimento, non si può lavorare per ridare speranza alla vita dei giovani se non lo si fa anche per quanti oggi sono chiamati a pensarne e prepararne il futuro.
Qualcosa di nuovo serve, anche perché gli adolescenti di una volta non ci sono più (sono cresciuti), anche i genitori, gli insegnati, gli allenatori, i preti di un tempo sono cambiati (se non rare eccezioni che non mollano). Non si può quindi tornare a modelli vecchi, durante l’infanzia li abbiamo coccolati aprendo loro un’infinità di possibilità facilitando tutte le loro doti, è un po’ difficile ora che sono cresciuti tornare a una impostazione educativa fatta di divieti come quella che andava per al maggiore in passato.
Un cambiamento a larghe vedute chiederebbe quindi di riprendere in mano tutte le strategie messe in campo fin dalla prima infanzia, cercando di avere un sguardo globale all’età dello sviluppo senza settorializzare troppo (infanzia, preadolescenza, adolescenza), anche perché alla fine sempre della stessa persona stiamo parlando.
Questo è senz’altro un qualcosa che deve trovare il proprio motore di partenza e sviluppo da un nuovo impegno di adulti in rete tra loro, a servizio dello stesso percorso di crescita. In questa transizione complessa alcune linee di comportamento possono suggerirci alcune attenzioni.
Nonostante a volte la relazione e il dialogo tra le generazioni possa diventare difficile, occorre non mollarci. Prima ascoltare (non solo le parole ma anche i gesti e i silenzi), poi parlare con il desiderio di stare loro vicino (e che sentano che lo siamo) prendendo seriamente le loro difficoltà.
Nonostante il buon impegno facilmente si arriverà in certi casi “ai ferri corti” e messi anche di fronte a grandi disobbedienze che ci provocano un’immediata reazione autoritaria e punitiva privativa (ossia che mira a togliere qualcosa per farne sentire la mancanza e quindi provocare dolore). Condivido che in certi casi un segnale forte occorre darlo, credo però che sarebbe meglio non prestarsi a interventi che hanno un po’ il sapore di vendetta ritorsiva (che potrebbero far nascere nel ragazzo contro ritorsioni estreme). Piuttosto sarebbe meglio chieder loro di rimediare a quanto fatto attraverso un intervento di sostegno, può essere riguardo ai lavori di casa, aiutare in un doposcuola, frequentare un corso di volontariato, attraverso un lavoro estivo… qua la fantasia può aiutare in mille modi. Altra cosa importate è che insieme a questo occorre mettersi a sedere e dirsi il perché si è arrivati lì, cosa ci motiva, quali sono le nostre preoccupazioni, che gli vogliamo bene, per questo li stimo chiedendo questa cosa e che saremo dispiaciuti se ci mollerà prima di arrivarci in fondo.
Spero sia chiaro che non intendo dire che tutto gli vada fatto passare liscio, ma che occorre ragionare insieme, non prendendola sul personale ma cercando la relazione. Questo permette anche di favorire un altro elemento centrale dei nostri interventi, quello di responsabilizzare favorendo la crescita di un’autonomia (senza con questo lasciarli soli) per essere con loro e accanto a loro nella costruzione del loro futuro.
Per avviarci alla conclusione, sintetizzando, oggi c’è bisogno di adulti che siano tali e che sappiano porsi un modo autorevole accanto ai ragazzi, trasmettendo la passione del loro ruolo e del loro esserci, in grado di confrontarsi con le nuove sfide poste alla vita degli adolescenti senza quindi scappare, sapendosi adeguare a un contesto che dal punto di vista relazionale sta diventando complesso e ampio. Dando dei paletti di riferimento per la vita non tanto attraverso dei no, ma aiutandoli a comprendere gli errori fatti e fornendo una opportunità per rimediare.
Essere testimoni vitali che è possibile trovare un modo per affrontare le difficoltà della vita e che anche quelli che consideriamo come fallimenti possono essere occasioni di crescita e dire qualcosa di utile alla vita e al senso che dovrebbe avere.

Nessun commento:

Posta un commento