lunedì 6 marzo 2017

Mio figlio non vuole più andare a Messa

Ho perso ormai il conto delle volte in cui, genitori o educatori, mi hanno posto la questione riferita a quanti, ormai non più bambini, entrando nel periodo dell’adolescenza, scelgono di allentare o abbandonare la frequenza della Messa.
Come mi piace fare di solito, credendolo un approccio corretto, m’interrogo innanzitutto io come educatore adulto, chiedendomi prima per me che senso ha la partecipazione alla Messa, che sapore dà al mio cammino da cristiano. Risulta un aspetto tutt’altro che secondario, se nella teoria siamo tutti d’accordo, quando scendiamo a un livello esistenziale la cosa rischia di esserci meno chiara. I nostri ragazzi sono molto svegli nel cogliere anche i non detti della nostra vita, i nostri appelli alla partecipazione alla Messa cadranno quindi nel vuoto se vien percepito in noi una debolezza di motivazione e quindi un riferimento che diventa moralistico, orientato cioè all’obbedienza a una regola che ormai è svuotata personalmente dal valore che voleva preservare.
Una volta fatto questo cammino possiamo guardare ai ragazzi, vedendo che dietro la presa di distanza rispetto a certi modi di fare o di vivere, c’è tanta vita che si sta muovendo non sempre nella direzione che ci aspetteremmo o vorremmo noi. In questi anni ci siamo impegnati per far loro sperimentare tante cose belle, ma non è detto che ora rappresentino quello che stanno cercando, non si sono dimenticati del cammino fatto però si chiedono che senso nuovo abbia il tutto alla luce di quello che pulsa nella loro vita di oggi.
I tanti adulti dei quali parlavo sopra, li incontro spaventati di fronte a questo fenomeno, mentre è una cosa molto bella e della quale rassicurare i ragazzi stessi i quali vivono spesso con incertezza questa fase di sviluppo e hanno bisogno di qualcuno che dica loro che non solo è legittimo quello che fanno, ma qualcosa che può essere fonte di grande ricchezza.
Occorre inoltre dotarsi di grande pazienza, se ci aspettiamo comportamenti sempre coerenti dai nostri ragazzi stiamo sbagliando qualcosa, che ci piaccia o no il comportamento ondulatorio basato sull’aspetto emotivo è una costante un questa fase specifica, è una cosa che non riguarda solo la formazione del carattere ma anche il “bios” che li compone, con tutta una serie di ormoni e altri cambiamenti in atto che a volte non si propongono ma si impongono alla vita e al pensiero di ciascuno. La Messa si vive anche con una dimensione corporea fatta di presenza e movimenti, o assenza di essi, sarebbe quindi stupido non prevedere che sia un pezzo della vita anch’esso toccato dal tutto che sta avvenendo.
Ci tengo a sgombrare la mente di chi sta leggendo, dal dubbio che io intenda assecondare in modo acritico le alterne voglie dei nostri ragazzi, si tratta piuttosto di non voler separare la vita a pezzettini come se ciò che riguarda Dio fosse solo una parte di noi. Come ho già avuto occasione di ricordare altre volte, il nostro compito è di accompagnare il desiderio presente nei nostri giovani, anche quando questo sembra portare lontano da quando ci aspetteremmo da loro.
Se ci fermassimo qua, correremmo il rischio di un discorso molto umano dimenticandoci di quel compagno di strada, a volte anonimo, che si fa prossimo al cammino dei nostri ragazzi: Dio. Trattando il tema del rapporto tra gli adolescenti e la Messa è uno dei protagonisti che non possiamo saltare, anche perché in questa fase di vita tanto s’inserisce di nuovo dentro la riflessione intorno alla sua presenza nella vita.
Siamo alla presenza di un aumento di concetti intorno al tema di Dio, così come si accrescono le immagini per rappresentarlo, staccandosi da una visione bonaria infantile. Nascono nuovi sentimenti in riferimento a questa presenza che può essere percepita come ingombrante, a volte fonte di delusione, nascono così discussioni e dispute su come coniugare la sua esistenza con alcune storture presenti nel mondo d’oggi. Non sempre il tutto trova parole per essere espresso, non è semplice per un ragazzo esprimere quanto passa per cuore e testa, così che tante cose rimangono scontate nella vita dei giovani e non essendo comunicate accade che diventino di ostacolo nella comunicazione e nella relazione.
Sapendo che ci sono, è senz’altro utile aiutare a tirarle fuori ma soprattutto far sentire ai ragazzi non c’è niente di male nel porsi certe domande e che Dio non la prende per questo. Capita invece che noi adulti siamo un po’ infastiditi da certe domande o provocazioni dei più giovani, questo blocca; solo un cambiamento di approccio permette al ragazzo di cogliere una prospettiva diversa dentro la quale non solo si colloca chi educa ma anche Dio. Si tratta di mettere in pratica quell’amore gratuito e senza condizioni tanto centrale nell’annuncio di Gesù, che anche nel momento nel quale uno s’allontana, lui rimane presente. Ricordiamo bene che il tutto non si concretizza nel dare immediate risposte un po’ facilone, ma lasciare anche che le domande di vita crescano fino a quando sarà una esigenza necessaria della persona volgersi per trovarne risposta.
Per essere sinceri fino in fondo, come accade sempre in ambito educativo, la perdita e il fallimento sono esisti possibili del cammino di crescita, ma anche in questi casi non tutto è spacciato perché in esso si può ancora abitare, non da soli ma sicuramente ancora in compagnia di Dio e perché no anche delle altre persone che comunque continuano a rimanere vicine.


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