Ho perso ormai il conto delle volte in cui, genitori o
educatori, mi hanno posto la questione riferita a quanti, ormai non più
bambini, entrando nel periodo dell’adolescenza, scelgono di allentare o
abbandonare la frequenza della Messa.
Come mi piace fare di solito, credendolo un approccio
corretto, m’interrogo innanzitutto io come educatore adulto, chiedendomi prima
per me che senso ha la partecipazione alla Messa, che sapore dà al mio cammino
da cristiano. Risulta un aspetto tutt’altro che secondario, se nella teoria siamo
tutti d’accordo, quando scendiamo a un livello esistenziale la cosa rischia di
esserci meno chiara. I nostri ragazzi sono molto svegli nel cogliere anche i
non detti della nostra vita, i nostri appelli alla partecipazione alla Messa
cadranno quindi nel vuoto se vien percepito in noi una debolezza di motivazione
e quindi un riferimento che diventa moralistico, orientato cioè all’obbedienza
a una regola che ormai è svuotata personalmente dal valore che voleva
preservare.
Una volta fatto questo cammino possiamo guardare ai ragazzi,
vedendo che dietro la presa di distanza rispetto a certi modi di fare o di
vivere, c’è tanta vita che si sta muovendo non sempre nella direzione che ci
aspetteremmo o vorremmo noi. In questi anni ci siamo impegnati per far loro
sperimentare tante cose belle, ma non è detto che ora rappresentino quello che
stanno cercando, non si sono dimenticati del cammino fatto però si chiedono che
senso nuovo abbia il tutto alla luce di quello che pulsa nella loro vita di
oggi.
I tanti adulti dei quali parlavo sopra, li incontro
spaventati di fronte a questo fenomeno, mentre è una cosa molto bella e della
quale rassicurare i ragazzi stessi i quali vivono spesso con incertezza questa
fase di sviluppo e hanno bisogno di qualcuno che dica loro che non solo è
legittimo quello che fanno, ma qualcosa che può essere fonte di grande
ricchezza.
Occorre inoltre dotarsi di grande pazienza, se ci aspettiamo
comportamenti sempre coerenti dai nostri ragazzi stiamo sbagliando qualcosa,
che ci piaccia o no il comportamento ondulatorio basato sull’aspetto emotivo è
una costante un questa fase specifica, è una cosa che non riguarda solo la
formazione del carattere ma anche il “bios” che li compone, con tutta una serie
di ormoni e altri cambiamenti in atto che a volte non si propongono ma si
impongono alla vita e al pensiero di ciascuno. La Messa si vive anche con una
dimensione corporea fatta di presenza e movimenti, o assenza di essi, sarebbe
quindi stupido non prevedere che sia un pezzo della vita anch’esso toccato dal
tutto che sta avvenendo.
Ci tengo a sgombrare la mente di chi sta leggendo, dal
dubbio che io intenda assecondare in modo acritico le alterne voglie dei nostri
ragazzi, si tratta piuttosto di non voler separare la vita a pezzettini come se
ciò che riguarda Dio fosse solo una parte di noi. Come ho già avuto occasione
di ricordare altre volte, il nostro compito è di accompagnare il desiderio
presente nei nostri giovani, anche quando questo sembra portare lontano da
quando ci aspetteremmo da loro.
Se ci fermassimo qua, correremmo il rischio di un discorso molto
umano dimenticandoci di quel compagno di strada, a volte anonimo, che si fa
prossimo al cammino dei nostri ragazzi: Dio. Trattando il tema del rapporto tra
gli adolescenti e la Messa è uno dei protagonisti che non possiamo saltare,
anche perché in questa fase di vita tanto s’inserisce di nuovo dentro la
riflessione intorno alla sua presenza nella vita.
Siamo alla presenza di un aumento di concetti intorno al
tema di Dio, così come si accrescono le immagini per rappresentarlo,
staccandosi da una visione bonaria infantile. Nascono nuovi sentimenti in
riferimento a questa presenza che può essere percepita come ingombrante, a
volte fonte di delusione, nascono così discussioni e dispute su come coniugare
la sua esistenza con alcune storture presenti nel mondo d’oggi. Non sempre il
tutto trova parole per essere espresso, non è semplice per un ragazzo esprimere
quanto passa per cuore e testa, così che tante cose rimangono scontate nella
vita dei giovani e non essendo comunicate accade che diventino di ostacolo
nella comunicazione e nella relazione.
Sapendo che ci sono, è senz’altro utile aiutare a tirarle
fuori ma soprattutto far sentire ai ragazzi non c’è niente di male nel porsi
certe domande e che Dio non la prende per questo. Capita invece che noi adulti
siamo un po’ infastiditi da certe domande o provocazioni dei più giovani,
questo blocca; solo un cambiamento di approccio permette al ragazzo di cogliere
una prospettiva diversa dentro la quale non solo si colloca chi educa ma anche
Dio. Si tratta di mettere in pratica quell’amore gratuito e senza condizioni
tanto centrale nell’annuncio di Gesù, che anche nel momento nel quale uno
s’allontana, lui rimane presente. Ricordiamo bene che il tutto non si
concretizza nel dare immediate risposte un po’ facilone, ma lasciare anche che
le domande di vita crescano fino a quando sarà una esigenza necessaria della
persona volgersi per trovarne risposta.
Per essere sinceri fino in fondo, come accade sempre in
ambito educativo, la perdita e il fallimento sono esisti possibili del cammino
di crescita, ma anche in questi casi non tutto è spacciato perché in esso si
può ancora abitare, non da soli ma sicuramente ancora in compagnia di Dio e
perché no anche delle altre persone che comunque continuano a rimanere vicine.
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