È da alcuni anni che i giovani dell’oratorio propongono un
evento chiamato “Sport & Ben-Essere” con lo scopo di riflettere su alcune
grandi tematiche che riguardano la persona il tutto inserito in un cotesto di
sport, musica e festa; giovani che vogliono essere animatori nei confronti di
altri giovani. Quest’anno il tema messa al centro è quello della “relazione”.
Ne sono molto contento non in astratto ma in concreto e
pensando a tre persone particolari che rappresentano le tante con le quali
quotidianamente ho a che fare.
Il primo è un ragazzo del grest appena passato trovato
sconsolato seduto irremovibile alla fine delle scale, piantonato da un
animatore che non sapeva più cosa fare, ho chiesto al ragazzo di spostarsi da
lì e sedersi fuori perché lì intralciava il traffico, lo ha fatto; l’animatore
stupito mi guardò alla ricerca della ricetta del successo visto che era da
parecchio che ci stava provando ma inutilmente, gli ho chiesto: lo hai
abbracciato, lo hai rassicurato che suo padre tornerà presto, gli hai detto che
poteva contare su di te fino ad allora, lo hai salutato tutte le mattine
chiedendogli come stava, lo hai rimproverato quando era ora, gli sei stato
vicino anche quando era difficile e sembrava che non contasse niente? Ecco il
segreto; capisco che un ragazzo dovrebbe obbedire al proprio animatore, ma non
è più il ruolo ma la relazione la dimensione centrale del cammino educativo,
altrimenti diventiamo insignificanti.
La secondo è una ragazza che ha preso un voto pessimo durante
una verifica, venne sospesa perché al momento della consegna del voto mandò “a
quel paese”; il votaccio era meritato, del resto non aveva studiato, cosa
poteva aspettarsi? Non so cosa si aspettasse, ma so che si è sentita giudicata
anche troppo da quel voto e non riconosceva nella professoressa il diritto di
giudicarla in quel modo. Apparentemente qualcosa sembra non funzionare, almeno
che non mettiamo anche qua in campo la “relazione”, forse per l’insegnate
quello era solo un voto, per la ragazza era molto di più e non riconosceva in
quell’adulto una sufficiente conoscenza di quello che lei era per permettersi
di giudicarla. Forse anche il processo di istruzione, come del resto tutti i
processi educativi, occorre che metta al centro la relazione, altrimenti si
rischia di diventare insignificanti.
Legato al caso di prima c’è il terzo ragazzo, bocciato per
due anni di seguito, il prossimo anno costretto a cambiare scuola. Andava
ammesso? No, se uno non studia è giusto che ne viva le conseguenze. Mi chiedo
però se un modello di istruzione corretto possa limitarsi a promuovere o
bocciare, se non si possa non tanto fare di più ma fare “altro” per questo
ragazzo. Se ci si possa sentire di aver assolto al proprio dovere come scuola,
come stato, come società. Credo nuovamente debba scendere in campo un processo
basato sulla relazione, altrimenti come scuola, stato e società diventiamo
insignificanti.
Se mi amate, osserverete
i miei comandamenti. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è
colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi
manifesterò a lui". Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola
che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. (Vangelo di
Giovanni 14,15.21.24)
L’osservanza dei comandamenti viene come conseguenza di un
rapporto di amore e non perché comandi di un Dio dispotico autoreferenziale.
Fin dalla creazione dell’uomo e della donna il tutto si gioca nella relazione
con Dio; essa viene rinnovata dopo la disobbedienza originaria, continua nella
elezione di Israele come popolo amato, raggiunge il suo apice in Gesù che dona
la sua vita per noi suoi amici. Ora dovrebbe continuare nella Chiesa come
criterio cardine della sua vita e della sua crescita. Se non sarà così come
Chiesa diventeremo insignificanti.
Purtroppo un po’ di paura ce l’ho quando vedo troppa
attenzione a fare delle cose e poca ad intessere dei legami, quando come preti
si diventa guide di molteplici enti da gestire e di comunità troppo grandi dove
il piccolo si perde di vista, quando come educatori puntiamo al successo delle
attività piuttosto che all’affermazione della persona, quando giudichiamo un
evento dal suo affollamento piuttosto che dalla sua capacità di creare comunione,
quando esageriamo nelle aspettative nei confronti degli altri piuttosto che compiere
il nostro esodo verso di loro.
Purtroppo capita; a quanti però scoraggiati decidono di
abbandonare la nave, io dico che preferisco rimanerci sopra e cercare di cambiare
la rotta da dentro piuttosto che affondarla da fuori.
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